Italia paradiso fiscale del petrolio


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PRIMO PIANO

Di Stefano Sansonetti

ItaliaOggi anticipa un dossier della Cygam, società canadese che dice: trivellare lo stivale conviene

Royalties basse, franchigia e possibilità di rimpatriare i profitti.

Un autentico Eldorado petrolifero. Una sorta di zona franca in cui provare a estrarre petrolio è vantaggioso sotto diversi punti di vista. È proprio in questi termini che l’Italia viene vista dalle società estere che negli ultimi tempi stanno arrivando sulla penisola per fare affari con l’oro nero. I motivi sono illustrati nel dettaglio all’interno di un dossier elaborato dalla Cygam Energy, società petrolifera canadese, che ItaliaOggi è in grado di anticipare. Si può partire da un concetto, che già da solo dice tutto. «La struttura italiana delle royalties è una delle migliori al mondo», si legge in passaggio del documento. La ragione per la quale questa struttura è considerata migliore viene spiegata subito dopo. «Per i permessi offshore la royalty statale sulla produzione di petrolio è solo del 4%», scrive quasi trionfante la Cygam. In gran parte del resto del mondo, il livello si fissa in una forchetta che mediamente va dal 30 all’80%.Ma c’è di più e per rendersene conto basta proseguire la lettura del documento che risale al 22 aprile 2010. Si dà infatti il caso che in Italia sia anche previsto che «non devono essere pagate royalties sui primi 300 mila barili di petrolio prodotto ogni anno e per ogni giacimento». Attenzione, per ogni anno e per ogni giacimento significa che se una società si è aggiudicata, tanto per fare un esempio, cinque giacimenti, il tetto entro il quale può produrre liberamente, senza sborsare un euro allo stato italiano, è dato dal risultato che si ottiene moltiplicando i 300 mila barili per cinque. Per dare un’idea ancora più concreta dei vantaggi, la Cygam spiega ancora che tutto questo vuol dire «una produzione di petrolio libera da royalties sui primi 822 barili al giorno, per singolo giacimento».

Discorso simile vale per il gas. «La produzione di gas offshore è soggetta a una royalty del 7%», si può ancora leggere, «ma i primi 1.750 MMcf (milioni di piedi cubi, ndr) all’anno, e per giacimento, il che vuol dire approssimativamente 4,8 MMcf al giorno, sono sempre liberi da royalty». Infine un riferimento al sistema fiscale. «La tassazione sulle società in Italia è al massimo al 33%», precisa il dossier che subito dopo conclude: «E non ci sono restrizioni al rimpatrio dei profitti». Su quest’ultimo punto, per comprenderne la portata, si può pensare al caso della San Leon Energy srl, la piccola società italiana che sta cercando di farsi autorizzare prospezione petrolifere di circa mille kmq al largo della Sicilia sud-occidentale (vedi ItaliaOggi del 26 giugno scorso). Gli eventuali profitti della srl, in pratica, potrebbero essere rimpatriati senza problemi alla casa madre di Dublino, la San Leon Energy Ltd, che ovviamente potrebbe sfruttare la più vantaggiosa aliquota fiscale prevista sulle società irlandesi, il 12,5%.

Naturalmente anche la Cygam, autrice del dossier, ha interessi in Italia, dove opera attraverso la Vega Oil spa, controllata al 100%, con sede a Roma. Dall’ultimo bilancio disponibile, si apprende che la Vega Oil vanta sei permessi di ricerca per idrocarburi in altrettante aree: 126 kmq nell’Adriatico, 337 kmq nel canale di Sicilia, 615 kmq a Nord della Maiella in Abruzzo, 154 kmq in provincia di Foggia, 165 in provincia di Potenza e 155 ancora vicino Foggia. Davvero niente male.

«La situazione è imbarazzante», spiega Mario Di Giovanna, ingegnere e componente del direttivo de L’AltraSciacca, associazione che si sta battendo da tempo contro prospezioni e trivellazioni in Sicilia. In riferimento alla franchigia annuale, Di Giovanna racconta che «la piattaforma Gela 1, in circa sette anni di attività, non ha pagato un euro di royalty allo stato». E questo perché il giochino è semplice: rimanere sotto i tetti che consentono l’esenzione. In più, prosegue, «la normativa italiana prevede solo un’autocertificazione della produzione di petrolio, senza controlli». Di bene in meglio. Ma piano piano, almeno in Sicilia, la guardia si sta alzando.

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