Alcune riflessioni sulla relazione finale della Commissione consiliare d’indagine sulla gestione del servizio idrico


Non possiamo nascondere le nostre perplessità suscitate dalla lettura della relazione finale della Commissione consiliare saccense d’indagine sulla gestione del servizio idrico avente “come obiettivo prioritario quello di raccogliere le testimonianze dei cittadini ed accertare se allo stato dell’arte sussistano deficienze e disservizi tali da giustificare la formalizzazione della richiesta all’ATO idrico di rescissione del contratto per ipotesi di inadempimento dei vincoli contrattuali fornendo in tal modo alla comunità tutta tangibili segnali politici di un cambio di rotta del Comune di Sciacca nella direzione del ritorno alla gestione pubblica dell’acqua”.

La conclusione raggiunta dopo sei mesi di indagini, caratterizzata dall’espressione “non ci sono gli estremi per la risoluzione del contratto in quanto molte inadempienze sono imputabili all’assemblea dei soci”, ci sembra alquanto superficiale. Diverso sarebbe stato se l’organo consiliare, nel rilevare parecchie deficienze nella documentazione che doveva essere approvata dall’assemblea dei soci, avesse affermato che “non ci sono gli estremi per valutare la risoluzione del contratto in quanto molte inadempienze sono imputabili all’assemblea dei soci”.

Nella maniera in cui sono stati condotti i lavori invece le “interviste” agli addetti ai lavori sembrano aver avuto un peso maggiore rispetto alle testimonianze rese dall’utenza saccense. E dalla premessa alla conclusione finale, la Commissione sembra quasi “difendere” le istanze del gestore privato a discapito di quelle dei cittadini, sempre più indignati per la cattiva gestione della cosa pubblica a tal punto che il primo sembra quasi non avere alcuna responsabilità. Passaggio che riteniamo inaccettabile.

Non possiamo accettare infatti che il gestore sia sollevato da responsabilità oggettive quali ad esempio:

  • gli “interminabili” tempi di attesa per un nuovo allaccio idrico o una voltura e le “cifre astronomiche” chieste per tale intervento;
  • le “abusive” richieste di sottoscrizione di un contratto in buona parte vessatorio all’utenza che necessita dei sopracitati allacci e volture (a dispetto di un regolamento EAS che invece d’essere applicato risulta così disatteso);
  • l’assenza per circa tre anni nella nostra città di un ufficio di relazioni con il pubblico degno di tale nome (mentre Comune di Sciacca e Provincia di Agrigento, non si sa a quale titolo, prestavano “gratuitamente o quasi” i locali dell’URP provinciale per far svolgere tale attività privata al gestore)
  • fatturazioni definite meritoriamente “pazze”, bollette palesemente “anomale” e conseguenti distacchi “selvaggi” delle forniture anche in presenza di ricorsi da parte dei cittadini;
  • l’assenza di un sito internet e di un numero telefonico “non più a pagamento”, come invece era all’inizio, che dessero informazioni chiare all’utenza circa lo svolgimento del servizio alla quale si è posto rimedio dopo innumerevoli pressioni con le istituzioni;
  • le “riparazioni” ad impianti idrici e fognari eseguite dopo tempi di attesa “biblici” (abbiamo registrato casi in cui sono stati necessari sei o addirittura nove mesi dalla constatazione della rottura alla sua riparazione) e i lavori non eseguiti proprio a regola d’arte, tant’è che le strade sono ridotte peggio di quelle che possiamo trovare a Beirut (slogan della scorsa campagna elettorale);

Così come non possiamo accettare che le colpe, se ci sono, sono da addebitare quasi esclusivamente all’Assemblea dei Comuni della provincia.

Non possiamo accettare che una Commissione istituita nella città più devastata dalla gestione della Girgenti Acque Spa, nell’unico comune dell’agrigentino che ha richiesto più volte al proprio ATO Idrico la rescissione del contratto per documentate gravi inadempienze del gestore, fornisca un “assist” al Consorzio d’ambito per rispondere alle istanze dei cittadini nello stesso identico modo negativo.

Non possiamo accettare neppure le motivazioni addotte, ovvero che siccome “non risultano approvati dall’assemblea dei soci importanti documenti di controllo come per esempio la carta dei servizi, il piano POT” non è possibile “giudicare obiettivamente” l’attività del gestore in questi primi quattro (di trenta interminabili) anni di gestione. Poiché è altrettanto opinabile l’affermazione della Commissione secondo la quale “l’approvazione da parte dell’assemblea dei soci di tutta la documentazione avrebbe determinato nel giro di qualche anno una evidente riduzione delle perdite”.

Su quale base si fonda tale convincimento? Dove sta scritto che il gestore idrico diventa più efficiente se “incassa di più”? In quale parte del mondo è stato verificato che se le nostre bollette aumenteranno esponenzialmente (perché in questo si tradurrà l’approvazione del nuovo regolamento d’utenza e del nuovo piano tariffario) il gestore “magicamente” riparerà in maniera perfetta le nostre perdite idriche e provvederà a fornire istantaneamente i nuovi allacci? Dappertutto è stato infatti dimostrato l’esatto contrario, ovvero che la gestione privata delle risorse idriche comporta maggiori costi all’utenza e nessuna riduzione di inefficienza ed inefficacia.

Perché nessuno chiede a quanto ammontano gli investimenti di Girgenti Acque Spa per migliorare qualitativamente il servizio a partire dal novembre 2007? Il gestore deve investire o deve limitarsi ad attendere, oltre i proventi derivati dalle fatturazione all’utenza, i finanziamenti pubblici milionari?

Permetteteci di dire che chiunque saprebbe gestire un importante servizio essenziale, qual è quello idrico, a queste condizioni: nessun investimento e nessuna responsabilità. Col supporto, tra l’altro, di organi istituzionali come codesta Commissione consiliare d’indagine che si preoccupa finanche di come il gestore privato dovrà espletare il servizio senza avere più diritto al 7% di remunerazione del capitale investito dopo che con buona probabilità l’esito referendario di Giugno lo abolirà. Tant’è che si paventano tra le conclusioni e come conseguenza del referendum ulteriori limiti e prolungamenti dei tempi degli interventi (come se quelli attuali si potessero ritenere accettabili).

Concludendo chiediamo:

  • Perché, tale “prezioso” giudizio di merito è divenuto pubblico dopo oltre nove mesi dalla sua stesura (più che un parto)? Quali saranno i motivi di questa “interminabile “attesa?
  • Perché dovevamo aspettare quasi un anno per venire a conoscenza del fatto che “ai sensi dell’art.19 (canone di concessione) il gestore” è “tenuto a versare annualmente agli enti locali un canone di concessione così (come previsto dall’art.20 dell’allegato A del D.P.Reg 7 Agosto 2001) sotto pena dell’immediata risoluzione della convenzione (ai sensi dell’articolo 38 della stessa)” e che il Comune di Sciacca vanta così un credito di circa 400.000 Euro?
  • Perché l’ATO Idrico di Agrigento, che ha incassato le somme dall’ente gestore, non le ha riversate nelle casse del Comune di Sciacca?

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