Bivona (Ag), Ignazio Cutrò: “Chiedo protezione per la mia famiglia”


«La mia vita è diventata un inferno, eppure non ho chiesto soldi allo Stato, ma protezione. Voglio essere un imprenditore libero e chiedo di essere ascoltato dal ministro dell’Interno per raccontare le disfunzioni del sistema di protezione». L’ha detto Ignazio Cutrò, imprenditore di Bivona (Agrigento) e testimone di giustizia, che ha denunciato il racket e che dal 15 ottobre non ha più la vigilanza fissa, ma una tutela dinamica e un sistema di videosorveglianza in casa. Misure che, però, si sono rivelate insufficienti quando il testimone di giustizia si è allontanato dalla propria abitazione a Bivona «come gesto di protesta per evidenziare una falla nel sistema di sicurezza».

«Per un caso fortuito», racconta, «è scattato l’allarme in casa mia, in una zona in aperta campagna, e soltanto dopo sette minuti è arrivata una chiamata dell’operatore dei carabinieri; non è arrivata neanche una vettura, in un lasso di tempo in cui ogni aggressore avrebbe potuto agire indisturbato. Per non esporre a un ulteriore rischio i miei familiari mi sono allontanato da casa, da solo, in macchina, ma nessuna pattuglia è accorsa. Chiedo ora al ministero che sia assicurata sicurezza alla mia famiglia – aggiunge Cutrò – fornendo loro una scorta con personale specializzato, a differenza di quanto avviene ora, e una vigilanza fissa sotto casa, secondo quanto è stato finora predisposto». «Ringrazio i carabinieri – conclude – e specialmente il generale Riccardo Amato, per la continua vicinanza e per gli sforzi compiuti per migliorare il servizio; ma la disattenzione di qualche funzionario ci ha fatto correre dei pericoli. Voglio continuare a vivere e lavorare nel mio territorio, ma se non sarà possibile, abbandonerò volontariamente il servizio di protezione per non mettere in pericolo la mia famiglia. Ho scelto di lottare la mafia stando fianco a fianco con lo Stato, al quale chiedo solo che non mi faccia sentire un peso».

Fonte: lenotiziedimontalbano.it

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