Trivellazioni nelle zone sismiche – Sì alle ricerche dell’Enel nel Belice


In ottobre la Regione ha autorizzato i sondaggi in un’area che comprende sette comuni devastati dal terremoto del 1968. Allarme dei tecnici sul rischio di terremoti: se venissero trovati idrocarburi il suolo si modificherebbe e la probabilità di scosse sismiche sarebbe più alta

di LORENZO TONDO

Il mostro del Belice ha il sonno leggero. E chi, nel lontano ’68, ha conosciuto il suo ruggito sa bene che il contenuto di quel foglio bianco appeso sulla bacheca dell’albo pretorio, potrebbe risvegliarlo: “Permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi”, si legge nel documento arrivato sul tavolo della Regione. Permesso concesso e passato inosservato lo scorso ottobre in un primo, inaspettato via libera dall’Ufficio regionale per gli idrocarburi e la geotermia (URIG) che aprirebbe la strada ai sondaggi per le trivellazioni petrolifere nella Valle del Belice, zona ad altissimo rischio sismico, in un’area di 681 chilometri quadrati nelle province di Palermo, Agrigento e Trapani. La richiesta di permesso porta la firma della Enel Longanesi Developments s. r. l, compagnia petrolifera del gruppo Enel.

A suscitare preoccupazioni è soprattutto il fatto che, tra i 17 comuni siciliani interessati dalla caccia all'”oro nero”, ci sono i nomi di ben 7 città colpite dal terremoto che 45 anni fa risucchiò anime e case. Come Poggioreale, la città fantasma, dove ruderi e carcasse di cemento sono ancora oggi testimoni di quel dramma. E ancora, Montevago, Santa Margherita Belice, Camporeale, Contessa Entellina, Gibellina e Salaparuta (queste ultime epicentro del sisma che nella notte tra il 14 ed il 15 gennaio del 1968 devastò un quarto dell’isola). “Andare a mettere il dito su un equilibrio tettonico così fragile come quello della Valle del Belice può essere molto rischioso – afferma il geologo Carmelo Orlando – il terremoto è un fenomeno che può già ripresentarsi in quell’area senza l’aiuto dei petrolieri. Scavare a centinaia di metri di profondità potrebbe avere delle ripercussioni catastrofiche”.

Il termine tecnico è subsidenza: il progressivo abbassamento del terreno determinato dall’emungimento di liquidi e gas dal sottosuolo, che, in zone ad alto rischio, può causare il collasso delle falde accompagnato da fenomeni sismici. “I paesi come il nostro devastati da quella terribile catastrofe non hanno bisogno di questo tipo di servizi – commenta il sindaco di Montevago Calogero Impastato – per la rinascita del Belice abbiamo puntato sull’ambiente. Questa istanza rischia di mettere a repentaglio la nostra incolumità e compromettere una rinascita costruita passo dopo passo dal ’68”.

Martedì scorso l’ingegnere Mario Di Giovanna, portavoce del Comitato StoppaLaPiattaforma, è stato ascoltato in commissione parlamentare Ambiente all’Ars proprio sulla vicenda del rilascio della prima autorizzazione all’utilizzo delle trivelle nel Belice. Di Giovanna avrebbe scovato alcune anomalie nelle procedure di richieste ai Comuni. Tra queste, la mancanza di timbri di appartenenza all’ordine dell’estensore nella relazione geologica, l’assenza delle note di opposizione alla ricerca da parte dei comuni e numerose violazioni sulla tutela del territorio sollevate dai comitati antitrivelle. “Chi ha firmato gli studi ne aveva il titolo?”, si chiede Di Giovanna. “Il Comune di Montevago aveva posto l’attenzione sull’elevato rischio sismico dell’area. Perché è stato ignorato? Senza dimenticare che la documentazione progettuale non è stata spedita alle amministrazioni coinvolte, ma bisognava andare a Palermo a richiederle. Come fanno i comuni ad accorgersi di tali progetti, reperirli, studiarli e ripresentare le loro eventuali opposizioni entro 30 giorni? Sarebbe giusto che qualcuno cominciasse a darci delle spiegazioni”.

Interrogativi sui quali la politica ha cominciato a muoversi: i grillini, per esempio, preparano l’offensiva contro la richiesta della Longanesi il cui progetto a breve arriverà sul tavolo dell’Assessorato all’Ambiente per un secondo esame tecnico. “Una cosa è certa – assicura Giampiero Trizzino, esponente del Movimento 5 Stelle e presidente della commissione Ambiente – faremo di tutto per fermarli. Anche a costo di modificare l’attuale normativa. Vogliamo scrivere la parola fine alle trivellazioni in Sicilia”.

(12 gennaio 2013)

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