Le mani sull’oro nero del Belice – Anomalie e rischi


di Margherita Ingoglia – 17 gennaio 2013

La notizia delle trivellazioni in Sicilia torna a fare paura. L’oro nero e il gas del sottosuolo siculo diventano un bottino succulento per i pirati del petrolio.

Dopo la delegazione del comitato “No alle trivellazioni nella Valle del Belìce” riuniti intorno al tavolo tecnico all’ARS lo scorso 8 Gennaio in cui sono state esposte le motivazioni del “no” alle trivellazioni, l’impegno dell’onorevole Giampiero Trizzino era di presentare un’interrogazione parlamentare indirizzata al Presidente della Regione, Rosario Crocetta e agli assessori, Mariella Lo Bello e Nicolo’ Marino.

In seguito all’incontro di giorno 8, in cui avevano preso parte l’Onorevole Trizzino, il deputato all’Ars del Movimento 5 Stelle, Matteo Mangiacavallo, l’attivista del comitato della Valle del Belìce, Salvatore Mauro, le componenti della IV commissione Parlamentare “Ambiente e Territorio” Angela Foti e Valentina Palmeri, l’ingegnere Mario Di Giovanna e il presidente del WWF Pietro Ciulla, l’assemblea si riunirà giorno 20 Gennaio alle ore 18 presso le Scuderie del Castello Grifeo, a Partanna.

All’incontro saranno presenti il Presidente della IV Commissione Ambiente, On. Giampiero Trizzino, il Presidente del CRESM di Gibellina Alessandro La Grassa, il direttore regionale di Legambiente Sicilia Gianfranco Zanna, insieme al Coordinatore dei Sindaci della Valle del Belìce, Nicolò Catania e gli attivisti dei comitato “No alle trivellazioni nella Valle del Belìce”.

IL FATTO: A “corteggiare” l’isola, questa volta, sarebbe la società italiana, ENEL LONGANESI DEVELOPMENTS S.r.l. di Roma.

Il progetto, avanzato dalla ditta romana, denominato “Masseria Frisella”, ha pubblicato negli albi pretori di 17 comuni della Valle del Belìce, la richiesta di concessione per l’esecuzione di trivellazioni e la ricerca di idrocarburi, petrolio, gas naturali, comprendente un’area che si estenderebbe per 681,66 Km quadrati. La nuova istanza di permesso, per la ricerca di idrocarburi, è stata avanzata il 4 Aprile 2012 dalla stessa ditta Enel.

I COMUNI: I comuni in questione, sarebbero Montevago, Santa Margherita Belìce, (prov. Agrigento), Bisacquino, Campofiorito, Camporeale, Contessa Entellina, Corleone, Monreale, Partinico, Piana degli Albanesi, Roccamena,San Cipirello e San Giuseppe Jato (prov. Palermo), Alcamo, Gibellina, Poggioreale e Salaparuta (prov. Trapani).

Ad opporsi fermamente alle trivellazioni e all’estrazione di idrocarburi dal sottosuolo dell’area in questione è stato il comitato spontaneo “No alle trivellazioni nella Valle Del Belìce” nato il 2 Settembre 2012 per iniziativa di alcuni cittadini del comune di Montevago e Santa Margherita (nell’Agrigentino).

Il comune maggiormente interessato alla richiesta di ricerca di idrocarburi sarebbe Monreale, per un’area di circa 680 chilometri quadrati.

Sulla vicenda, però, si prospetta uno scontro sul tema delle competenze territoriali, dal momento che nessuno dei Comuni interessati dal punto di vista territoriale ha presentato atti agli albi pretori comunali o è stato preventivamente informato sulle richieste di ricerca e quindi messo nelle condizioni di potere eventualmente fare opposizioni o ricorsi. – si legge sul sito del comune di Monreale – La richiesta di ricerca, inoltre, ricade su aree ad elevata destinazione paesaggistica e turistica come Ficuzza o in aree a prevalente destinazione di uve di qualità o agricolture biologiche”.

Ad opporsi fermamente alla vicenda delle trivellazioni, sarebbe l’on. Salvino Caputo che, in merito alla questione ritiene “che l’autorizzazione debba essere respinta perché determinerebbe gravissimi danni strutturali e paesaggistici in un territorio già considerato a rischio idrogeologico e sismico – inoltre, afferma Caputo, per bloccare la ricerca di idrocarburi in territorio siciliano – Ho chiesto la convocazione di una seduta straordinaria del Parlamento per discutere su un tema così scottante che non può restare all’interno di uffici regionali ma impone valutazioni politiche e parlamentari”.

LA STORIA: Il 4 settembre scorso, il comitato del “no”, ha divulgato la documentazione relativa alle motivazioni dell’opposizione alle trivellazioni – come ha riferito Salvatore Mauro, attivista del movimento. “Il pericolo delle trivellazioni nella Valle del Belìce, già teatro del terremoto nel ’68, è di incorrere, ancora una volta, in una situazione analoga, vista la pericolosità delle trivellazioni. Il 30 Settembre, con il comitato, abbiamo organizzato la prima manifestazione pubblica per informare i cittadini e discutere delle conseguenze e i danni alla salute che comporterebbe vivere in un luogo in cui si estrae petrolio. All’assemblea cittadina sono stati invitati i sindaci dei 17 comuni interessati, ma al convegno erano presenti solo il sindaco di Santa Margherita Belìce, Franco Valenti e il sindaco di Poggioreale, Leonardo Salvaggio. Molto partecipata, invece, da parte della cittadinanza”.

I DANNI DELL’ESTRAZIONE: Durante l’assemblea si è discusso su quattro punti fondamentali, come è emerso dal comunicato stampa divulgato, in quei giorni, dal comitato: l’alto rischio sismico a cui è soggetta la Valle del Belìce che risulterebbe incompatibile con la ricerca di gas dal sottosuolo del sito in questione; il problema di carattere ambientale e turistico, visto che, la presenza dei mezzi per l’estrazione, causerebbero incentivi danni all’immagine del territorio e inciderebbe anche a livello turistico svalutandone il prestigio e la storia di cui gode la valle belicina; il rischio di inquinamento delle falde acquifere sotterranee che andrebbe incontro a causa dei mezzi utilizzati per l’estrazione de gas; la perdita da parte del cittadino di ogni sovranità sulla propria terra e della svalutazione dei propri immobili, che diverrebbero di esclusiva proprietà della ditta che si riterrebbe libera di trivellare in ogni sito che indichi la presenza di gas.

La Regione Sicilia ha annunciato che nessuna autorizzazione verrà rilasciata se si dovessero compromettere ambiente e paesaggio. Nella Valle del Belìce ci sarebbe più di un motivo per rigettare la nuova istanza di ricerca. Il territorio, a rischio trivelle, è ricco di risorse naturalistiche ed agricole che vanno salvaguardate, come la Riserva naturale integrale, la grotta di Entella -nel comune di Contessa Entellina, la Riserva della “Foce del fiume Belìce”, fino alle produzioni agroalimentare e alla coltivazione degli olivi. La qualità Dop dell’Extravergine d’Oliva Nocellara del Belice, frutto di terreni fertili e di origini antichissime.

CHE FINE HA FATTO IL PIANO INDUSTRIALE? L’undici Ottobre scorso, il comitato “No alle trivellazioni nella Valle del Belìce” ha chiesto all’ufficio preposto di Palermo, l’accesso agli atti relativi alla della richiesta di concessione: “Non appena acquisiti gli atti ci siamo accorti che mancava il piano industriale di lavoro: la documentazione relativa agli atti del programma lavori, il programma preliminare di perforazioni, la tipologia dell’impianto di perforazioni, la tipologia dell’impianto delle macchine usate per le perforazioni – afferma Salvatore Mauro attivista del comitato della Valle del Belìce – Dopo un’ulteriore richiesta del comitato all’ufficio dell’U.R.I.G. Il 5 Dicembre l’ufficio risponde negandoci il programma lavori, nei quali si evincerebbero gli eventuali esplosivi e cocktail di sostanze chimiche utilizzate per perforare il sottosuolo”. Nella lettera di risposta dell’URIG a firma del dott. Francesco Battaglia e Salvatore Giorlando, si legge:

“È doveroso precisare che l’Art. 45 della L.R. 14/2000 cita che: I dati di carattere tecnico ed economico relativi alla prospezione, ricerca e coltivazione, forniti all’Amministrazione dai titolari dei permessi e concessioni che rivestono carattere di riservatezza, quali rilievi geofisici, con interpretazioni, profili geologici dei pozzi con le diagrafie, le correlazioni relative e l’entità delle riserve non possono essere resi pubblici senza il consenso scritto degli interessati”.

ANOMALIE: Le anomalie che il comitato “No alle trivellazioni nella Valle del Belìce” ha fatto emergere, sono relative alla mancanza di timbri e firme relative alla relazione geologica e allo studio del territorio quindi alla violazione e alla falsa applicazione dell’articolo 5 della legge 241/90 e s.m.i, come recepita dalla normativa regionale, che non specifica il nominativo del responsabile del procedimento; Alla violazione e falsa applicazione degli articoli 9 e 10 della legge 241/90 che testualmente recitano: “Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento; quindi chiunque avesse avuto dubbi in merito alla questione, in questo caso, delle trivelle avrebbe diritto a prendere visione degli atti del procedimento, ma ciò non è avvenuto visto che l’ufficio preposto, avrebbe negato il piano industriale.

LA LEGGE: La regolamentazione della trivellazione del territorio siciliano è disciplinata dalla legge del 3 Luglio del 2000 n° 14 Capodicasa-Manzullo, che segue la “Disciplina della prospezione, della ricerca, della coltivazione, del trasporto e dello stoccaggio di idrocarburi liquidi e gassosi e delle risorse geotermiche nella Regione Siciliana” approvata dall’assemblea regionale e promulgata dal presidente regionale”.

“L’Ufficio Regionale Idrocarburi e Geotermia si è trincerato dietro l’art.45 legge n.14 del 3 luglio 2000, rifiutandosi di fornirci il programma lavori, il piano industriale – ha affermato Salvatore Mauro -Negandoci di fatto, di venire a conoscenza delle sostanze chimiche con cui verrà a contatto il nostro territorio. L’ufficio dell’URIG ci ha invitati, oltretutto, a prendere contatti con la società, che qualora lo ritenesse opportuno, potrà fornirci direttamente la documentazione richiesta. Chiaro che questo invito è forviante, perché è immaginabile che la società non darà mai informazioni in tal senso. Ma noi aspettiamo la documentazione”.

Il permesso di ricerca “Masseria Frisella”, se concesso, dunque, andrebbe ad incidere sulle locali attività economiche e sull’equilibrio di un territorio altamente sismico.

Una delle maggiori preoccupazioni dei comitati di opposizione è proprio il fenomeno sismico a cui la Valle del Belice è soggetta. Del terremoto del 1968, i paesi dell’ area interessata, portano ancora oggi le cicatrici.

La preoccupazione arriva anche dagli Stati Uniti, e più precisamente dall’Ohio, dove nell’ultimo anno si sono registrate una decine di scosse correlate all’attività di estrazione. Preoccupazione sollevata anche dal fisico e attivista ambientale, Maria Rita D’Orsogna che si oppone fermamente alle trivellazioni per estrazione del gas e del petrolio.

I geologi americani, con la Columbia University in prima linea, sono convinti infatti che l’estrazione di gas nel Midwest, con l’utilizzo della tecnica del fracking, la tecnica che consiste nel produrre mini terremoti nel cuore della terra e l’inquinamento delle falde acquifere, è una delle maggiori cause di disastri sismici.

Fonte: siciliainformazioni.it

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