Roma, 4 luglio 2013 (Quando la presenza è potenza!)


“Ci dicono che Marinello, il presidente, e’ purtroppo assente.
Ma perche’ ci hanno convocati in quattrequattrotto se il presidente e’ assente?
Mistero.”

Vi ricordate che lo scorso 30 giugno gli organi di stampa locali hanno annunciato che si sarebbero svolte nei giorni a seguire le audizioni presso la Commissione Territorio Ambiente e Beni ambientali del Senato per la problematica relativa alle trivellazioni nel Canale di Sicilia, al fine di portare all’attenzione del Governo nazionale le esigenze delle associazioni e dei cittadini in merito alla salvaguardia del loro territorio? Orbene, vi informiamo qui degli sviluppi avvenuti lo scorso 4 luglio a Roma, nella sede della 13^ Commissione permanente del Senato, per mezzo di questo post di Maria Rita D’Orsogna, fisico, docente universitario e attivista ambientale, invitata a partecipare come esperta (vedi link).

A voi lettori l’arduo compito di trarre le conseguenze. Buona lettura.

Roma, 4 Luglio 2013

Ho tergiversato a lungo prima di scrivere questo post.

Un po’ e’ perché volevo la mente chiara, un po’ di distacco da tutto il viaggio, il parlare, gli episodi che ho vissuto ‘on the road’.  Un po’ perché e’ molto più facile parlare di eventi terzi – scoppi, articolo 35 o rinnovabili – piuttosto che di se stessi.

Il 4 Luglio mi hanno invitata assieme al prof. Ortolani, al prof. Civita e alla prof. Colella al Senato per parlare di trivelle offshore. Il primo, per altri impegni non è potuto venire, e così eravamo in tre.

Non ho ben capito perché ci abbiano convocati. Forse per informarsi sul tema? Forse per far vedere che fanno qualcosa? Forse perché il M5S aveva già organizzato incontri simili e quindi per non essere da meno? Forse perché abbiamo fatto troppo rumore e non possono più ignorarci?

Non lo so.

Devo purtroppo dire che già l’organizzazione non è stata delle migliori.

Ti arriva di punto in bianco, circa una settimana prima, una e-mail dove ti dicono che sei invitato alle ore 8:30 del mattino in via degli Straderari a Roma, per relazionare sulle trivelle, e che se sei maschio devi metterti la cravatta.

L’e-mail è firmata “Senato della Repubblica Italiana”.

Ora, io trovo che sia tutto un po’ come dire, irrispettoso. Non ci si pone il problema: ma questi c’hanno da fare, magari concordiamo con loro orari e tempi, diamogli un po’ di anticipo, chiediamogli se gli va bene. Nada.

Non c’è neanche scritto niente su eventuali rimborsi, o su chi pensa alla logistica – trasporto, hotel.

Niente.

C’è scritto solo vieni alle 8:30 del mattino con la cravatta.

E quindi la sottoscritta, stanca, stanca, stanca, per tre giorni e’ stata li a ponderare se andare o no, se era utile o no, se volevo o no sacrificare due giorni da dedicare a quella poveretta di mia mamma per andare a Roma.

Il giorno 5 ripartivo per gli USA.

Gli chiedo allora se potevano offrirmi due pernottamenti – quello del 3 (così avrei viaggiato il 3 pomeriggio) e poi quello del 4 (così da ripartire da Fiumicino il 5 mattina) senza tornare in Abruzzo.

Risposta del “Senato della Repubblica Italiana”: no. Solo una notte. Le paghiamo il trasporto ed un pasto.

Gli chiedo allora se erano previsti compensi di qualche natura – considerato che si tratta (per me almeno!) di qualcosa che io considero lavoro e che se magari mi davano un compenso a mo’ di consulenza, ci avrei pagato la notte extra.

Risposta del “Senato della Repubblica Italiana”: no. Lei viene a titolo volontario e gratuito.

Un invito alle 8:30 del mattino a titolo volontario e gratuito. Che ospitalità!

Quasi quasi decido di non andarci.

Gli telefono. E gli ho rispiegato il mio problema, e cioè che non era umano chiedermi di venire a Roma il 3, e poi ripartire il 4 per l’Abruzzo e rifarmi il giorno dopo al 5 luglio alle 4 del mattino un altro viaggio a Roma. Gli ho anche detto che se restavo a Roma non era giusto che dovevo pagarmi l’albergo da me.

“Lei quindi mi sta dicendo che devo venire a Roma alle 8:30 del mattino a mie spese?”

Risposta – vaga – è il protocollo, non è colpa nostra, non ci possiamo fare niente.

E allora gli ho detto che non era il caso che andassi. Non per i cento euro d’hotel, quanto per il principio. Chi credono di essere questi – che ti invitano neanche una settimana prima senza neanche un po’ di flessibilità, e poi l’hotel devi pagartelo da te?

Poi però per essere accomodante mi è venuto in mente di chiedergli se l’incontro con me si poteva fare magari nel pomeriggio del 4, così da partire la mattina del 4 e stare a Roma una sola notte invece che due.

Questo si poteva fare.

E così, dopo tre giorni di tensione – parto non parto – parto.

Ora per uno che non viaggia, tutto questo puo’ sembrare stupido, ma per me non lo e’ – sapere se e quando si parte – e’ difficile, e’ stancante emotivamente, organizzativamente, per salutare quelli che vuoi salutare, per dare del tempo a mia mamma che non mi ha visto quasi mai mentre che ero in Italia, per organizzare autobus e pernottamenti.

Alla fine parto. Arrivo, e fra valigie e dopo un breve saluto a Gianluca Vacca del M5S, mi trovo in parlamento alle 2 precisa – l’ ora dell’appuntamento. Siccome ero tutta di fretta, non avevo pranzato.

Il nostro slot era dalle 2 alle 4.

Mi accompagna un tipo dentro il palazzo. Mi chiede se sono una “audita”. Gli dico sì, e che spero che chi mi debba audire, audisca. Ridiamo. E’ simpatico ed ha l’aria di uno che ne ha viste tante li dentro. Poi gli dico scherzosamente, beh, qui dentro si trattano bene, eh?

E’ tutto splendente.

Concordiamo che se anche le scuole italiane fossero tenute cosi….

Vado in bagno. La carta igienica c’e’.

Arrivo in aula. Vedo solo la Colella e Civita.

Gli altri – senatori ed audienti – nessuno.

Aspetta 10, 15 minuti, aspettane 20 niente.

Arrivano quattro persone alle 2:30.

Pare che ci fosse un altro evento prima di noi e si era fatto tardi. Ci dicono che, nonostante tutto, il nostro tempo finiva ancora alle 4:00. Quindi mezz’ora di meno del previsto.

Ci guardiamo sconsolati, tutto questo viaggio per quattro persone ad ascoltarci e per un ora e mezza, venti minuti a testa?

Qualcuno si scusa e dice che addirittura non aveva mangiato. E li allora ho cercato di dirgli che era un po’ maleducata questa scusa, che pure io non avevo mangiato ma ero li puntuale alle 2 e che non era carino tagliarci il tempo per ritardi altrui.

C’e’ un po di tensione. Mi sento difensiva, come se dovessi proteggermi da qualcosa. Come se davanti avessi un entita’ che dovrebbe stare dal mio lato, il mio governo, ma di cui non mi fido.

Ad ogni modo si inizia.

Altre persone sono arrivate dopo, ma per tutta la durata dell’incontro non si e’ giunti a piu’ di una decina di persone. Ci dicono che Marinello, il presidente, e’ purtroppo assente.

Ma perche’ ci hanno convocati in quattrequattrotto se il presidente e’ assente?

Mistero.

Arriva il mio turno, ero l’ultima.

Avevo deciso di fare tutto di pancia, e cioe’ di non farmi schemi di comportamento iniziali, di non farmi intimidire perche’ eravamo al senato e perche’ questi erano onorevoli o perche’ i pavenimenti erano di marmo levigato e con i tappeti di lusso sopra.

E mentre parlavo ho sentito dentro di me la stessa cosa che ho sentito quando sono andata a Cupello e mi sono alzata davanti a tutti e ho chiesto a Chiodi che ne pensava delle trivelle in mare in Abruzzo.

E’ difficile spiegare cosa sia questa cosa, perche’ io sono la persona piu’ timida del mondo.

Ma in quel momento ho sentito una sorta di responsabilita’, di essere una specie di incarnazione della voce di tutte le persone le cui storie ho sentito in giro per l’Italia negli scorsi mesi, negli scorsi anni, e che una voce non ce l’hanno, e che non verranno invitati mai in parlamento e che nessuno di questi eleganti signori con la cravatta andra’ mai a sentire nelle loro citta’, perche’ poco gli importa del popolo vero.

Io di storie invece ne ho sentite tante, mi sono rattristata, vorrei fare di più, di meglio. Ma poi torno alla mia casa a 400 metri dal mare a Santa Monica dove l’aria e’ buona e dove so di avere dei diritti che nessuno si azzardera’ a toccare.

Chi vive vicino ai pozzi invece, o chi teme per un pozzo costruendo, la sua storia la vive tutti i santi giorni e non ha il lusso di poter scappare altrove.

Ed io non sono nessuno, ma in quel momento ero tutti loro e non potevo essere accondiscendente e parlare di petrolio come se fosse balsamo per bellezza o come se fosse la vita astratta di un altro. Non potevo essere “scienziato” solo, dovevo essere “persona”, con sentimenti, rabbia, passioni e tutto cio’ che ci rende umani.

E cosi gli ho detto senza mezze parole che non era giusto che a Ravenna la gente non puo’ pompare acqua per colpa della subsidenza mentre l’ENI puo’ tirare fuori metano.

Gli ho detto che non era giusto che i petrolieri hanno avuto rapporti privilegiati con Clini per trivellare i mari italiani.

Gli ho detto che non era giusto che i pescatori non possono pescare vicino ad Ombrina perche’ c’e’ la riserva di pesca ed ora invece la apriamo ai petrolieri.

Gli ho detto che non e’ giusto che la gente si ammala di cancro per colpa delle trivelle e neanche lo sa.

Gli ho detto che non e’ giusto che svendiamo il territorio in cambio di petrolio poco e schifoso.

Gli ho detto che non e’ giusto che diciamo alla gente di fare turismo e poi gli facciamo le trivelle sotto il naso.

Gli ho detto che non e’ giusto che a Gela o a Sarroch i bambini nascono con il DNA malformato per colpa dell’inquinamento.

Gli ho detto che non era rispettoso di quei tre morti della piattaforma Paguro che non abbiamo imparato niente dal loro sacrificio se siamo ancora qui a trivellare sotto costa.

E alla fine gli ho detto che era il tempo di smettere di fare chiacchiere e che l’articolo 35 del Decreto Sviluppo Passera va tolto, senza inciuci, senza vie preferenziali per chi e’ al potere, senza se e senza ma, e che loro li seduti sono li pagati per difendere gli interessi del popolo italiano, e non della MOG o dell’ENI o della Saras.

Gli ho detto che avevano la responsabilita’ di non accettare compromessi e di non piegarsi alle pressioni dei petrolieri e dei lobbisti.

E poi ho aggiunto che se abrogano questo articolo 35, ne vincono tutti, anche politicamente, perche’ e’ questo quello che la gente vuole.

Non lo so come sono sembrata, perche’ e’ stato tutto fatto da dentro, senza prove, senza pesare le parole, quello che mi veniva, dicevo. Non so se sono apparsa maleducata o irruente o cos’altro.

Di certo e’ che se era sei anni fa, sarei stata diversa – piu’ ponderata forse, piu’ accomodante, e meno diretta.

Ma io non sono più quella di sei anni fa, che mi piaccia o no, troppe ne ho viste, troppe ne ho fatte e la pazienza ad un certo punto finisce, perche’ a questa cosa ho dato la mia vita degli ultimi sei anni, e uno non puo’ restare impassibile come se invece si trattasse di un qualcosa di lontano e vago.

Forse lo e’ per loro lontano e vago, non lo e’ per me.

Uno dei presenti – non ne conosco il nome – appena tiro fuori Passera e l’articolo 35, si inalbera un po’ e mi dice: “Lei deve attenersi alle cose di scienza e non aggiungere valutazioni politiche.”

“Cosa scusi? No, guardi, io sono un libero cittadino, voi mi avete invitato qui e c’e’ liberta’ di parola in questo paese.

Dovrei forse non dire niente di tutte queste ingiustizie? O dire che va bene che Morandi ha rapporti privilegiati con Clini?

Perche’ Morandi puo’ parlare con Clini ed ha con lui una corrispondenza privata e io – e tutti gli altri -no? Chi e’ Morandi piu’ di noi? Tutto questo e’ antidemocratico, e’ ingiusto, e non va bene.

Clini era ministro della repubblica italiana non dei petrolieri”.

A un certo punto il tipo si alza e se ne va.

Boh, Sara’ stato amico di Passera o di Morandi.

Poi arrivano un po di domande. Quelle che piu’ mi hanno fatto cadere le braccia sono state di Gianpiero Della Zuanna, padovano, PDL.

Intanto era uno che 20 minuti prima aveva chiesto cosa fossero i fanghi di perforazione – della serie, se sono questi quelli che devono decidere!

E poi tira fuori la storia che se non trivelliamo noi, e’ egoistico perche’ vuol dire che l’inquinamento lo diamo agli altri e non vogliamo tenerci la nostra parte!

Ma che gli dici a uno che dice questo – dopo che 20 minuti hai predicato che di petrolio ne abbiamo poco, e che fa schifo?

Li pero’ sono stata carina e, armata di santa pazienza, gli ho detto che in realta’ ci sono certi posti dove non ne vale proprio la pena – che uno deve chiedersi cosa sta facendo e che seppure trivellassimo tutto lo stivale non arriveremmo mai a coprire il fabbisogno energetico, e quindi avremmo distrutto la nazione per veramente niente in cambio – a parte l’inquinamento e le speculazioni finanziarie.

Altra domanda: ma se trivelliamo in Italia, vuol dire che abbassiamo il prezzo della benzina, guardi il petrolio del Texas, e’ per questo che negli USA la benzina costa meno!

Non ci potevo credere. Questo non aveva mai sentito parlare di OPEC? Di Arabia Saudita? Di Tar Sands? Non sapeva che la benzina in Italia costa tantissimo a causa delle mille tasse e tassine che aggiungono sul carburante – incluse quelle sulla guerra dell’Abissinia del 1930?

E li non ho potuto tacere e gli ho detto che diceva cose false e avrei voluto anche dirgli che stava sprecando il mio tempo.

Poi mi dice di non interromperlo. E cosi mi sono stata zitta e lui ha finito il suo fantasmagorico discorso sulla benzina USA che costa meno perche’ c’e’ il petrolio del Texas.

Gli rispondono Albina e Massimo.

Io ho finito.

Arrivano quasi le 4. Ci sono i saluti finali. Mi si ringrazia per la “passione”. Sono stanca, proprio emotivamente, e non vedo l’ora di scappare dentro la pace del Pantheon, li vicino, che con tutto il clamore dei turisti per me sarebbe stato cento volte piu’ rilassante di queste sale lussuose.

Ho voglia di scappare via.

Salutiamo gli altri membri della commissione. Il clima pare sereno, sono tutti carini, anche io. Chissa’, se li conoscessi sotto altre circostanze magari potrei anche scoprire delle belle persone. Voglio credergli quando mi dicono che tutti li dentro sono contro l’articolo 35 e che si daranno da fare al piu’ presto.

Gli voglio credere, ma non sento il fuoco dentro di loro.

Gli voglio credere veramente cosi da tornare alla mia vita normale, che adesso non saprei neanche più riconoscere.

Gli voglio credere ma so che se non continuiamo a pressare non succedera’ niente – e infatti e’ passata una settimana e non e’ successo niente.

Mentre che ci scambiamo le ultime strette di mano mi chiedo se tutto questo servira’, non servira’, se mi sono ammazzata per niente.

Chi lo sa. Ma almeno sanno che non ce ne andiamo e che l’obiettivo e’ l’articolo 35. Amen.

Usciamo.

Con Albina e Massimo ci prendiamo un gelato. Poi loro vanno a prendere il treno.

Io vado al Pantheon.

Confusa fra la folla mi scende qualche lacrima di stanchezza, di stress che nessuno vede.

Esco. Il vento e’ fresco.

Cammino senza pensare.

E’ bella Roma.

Fonte: dorsogna.blogspot.it

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