Commissione parlamentare indaga su Girgenti Acque, Fonzo: “Società come assumifici”


Il procuratore aggiunto di Agrigento, Ignazio Fonzo, e il sostituto procuratore di Agrigento, Antonella Pandolfi, sono stati ascoltati dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali a esse correlate e della gestione dei rifiuti, comprese le discariche, e quindi dei gestori di quella di Siculiana“.

Il procuratore aggiunto di Agrigento Ignazio Fonzo e il sostituto procuratore di Agrigento Antonella Pandolfi

Il procuratore aggiunto di Agrigento Ignazio Fonzo e il sostituto procuratore di Agrigento Antonella Pandolfi

L’audizione, avvenuta il 12 marzo scorso, dopo una serie di incontri preliminari di carattere generale sulla situazione nella Regione Siciliana. La trascrizione è incompleta in quanto alcune sue parti sono state segretate.

Ecco di seguito il testo integrale dell’audizione:

IGNAZIO FONZO, Procuratore aggiunto di Agrigento. “Fummo auditi anche allora”.

 

PRESIDENTE. “Quindi, sapete di che cosa si tratta. Noi stiamo facendo, di fatto, un aggiornamento. Emergono situazioni nuove…”.

 

IGNAZIO FONZO. “In melius o in peius? Io ho la sensazione che siano in peius”.

 

PRESIDENTE. “Io, che c’ero l’altra volta, e la collega Bianchi condividiamo questa sua considerazione. Non ci sembra che siano successe cose significative. Anzi, forse qualche problema in più si è aperto. Adesso stiamo acquisendo un po’ di situazioni. Le do la parola, chiedendole se ci fate un minimo di quadro. Grazie”.

 

IGNAZIO FONZO. “Il quadro dipende da dove vogliamo partire. Se dobbiamo partire dal problema dello smaltimento dei rifiuti, voi sapete bene che nel territorio di Agrigento esiste una discarica, quella di Siculiana, le cui vicende credo siano piuttosto note sin dalla precedente legislatura alla Commissione. Non so di quali aspetti si vorrà approfondire poi la conoscenza”.

 

PRESIDENTE. “Da un determinato anno in poi c’è il tema che riguarda richieste di allargamenti di diverse discariche, tra cui questa di Siculiana, ma anche quella di Catania e quella di Motta Sant’Anastasia. Si è aperta questa diatriba, che conoscete meglio di noi, perché è su tutti i giornali siciliani, e non solo, se di diatriba si può parlare. Mi sembra di capire che vi siano in parte dei risvolti di carattere giudiziario e amministrativo, in parte dei risvolti di carattere più politico generale. Questa è una delle questioni che noi stiamo esaminando. Abbiamo audito gli assessori di prima e gli assessori di adesso”.

 

IGNAZIO FONZO. “Io non voglio uscire dal seminato delle mie competenze, ma loro sanno che il problema fondamentale nella regione siciliana nasce dalle scelte, in questo caso, come è noto, fatte dall’organismo politico-amministrativo, di abbandonare, per ragioni che non sto qui a riassumere, la scelta dei termovalorizzatori. Apro una parentesi. Nessuno mi ha mai spiegato tecnicamente quali fossero gli aspetti negativi in ordine alla costruzione dei termovalorizzatori. Se ci sono altri aspetti, questi non mi pertengono, ma tecnicamente non mi è stato mai spiegato perché abbandonare la scelta dei termovalorizzatori e andare su altro. Questo, però, ripeto, fa parte anche della storia giudiziaria di questa regione e, quindi, è inutile tornare qui sull’argomento. Due presidenti di regione sono stati investiti da accuse su decisioni che l’autorità giudiziaria ha ben definito. Per quanto riguarda le discariche, partendo da questo aspetto, nella provincia di Agrigento, come voi sapete, nel territorio di Siculiana, un territorio, peraltro, ad alta densità mafiosa, noto per essere il territorio di origine della famiglia Cuntrera-Caruana, c’è una discarica che sorge su un terreno di proprietà comunale. Per vicende amministrative riconducibili all’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente, quella discarica si è trovata a essere gestita da un’azienda privata che ha ottenuto le autorizzazioni, le Aia, dall’assessorato e che, quindi, ha sviluppato questa sua attività di raccolta e smaltimento. Nel contesto di quest’attività svolta dall’azienda Catanzaro Costruzioni si sono sviluppate altre vicende giudiziarie che credo siano note alla Commissione, o che comunque lo erano già in precedenza. Vi sono state da parte dell’azienda delle denunce, che arrivarono al nostro ufficio, nei confronti di esponenti dell’amministrazione comunale. In virtù di esiti di attività di polizia giudiziaria e anche di decisioni del giudice che venne investito da parte nostra della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti degli amministratori del comune di Siculiana venne ritenuta o ipotizzata la sussistenza di fatti collegabili ad associazioni criminali di tipo mafioso. Da quel momento in poi gli atti, ovviamente, furono trasmessi all’autorità giudiziaria competente, che è quella palermitana, e hanno avuto poi il loro naturale corso. La discarica continua a essere operativa e sostanzialmente risulterebbe essere in regola sotto il profilo amministrativo. Le ultime vicende, che hanno riguardato – credo che anche queste cose siano note alla Commissione – funzionari dell’assessorato tratti in arresto dall’autorità giudiziaria palermitana, non hanno visto coinvolti esponenti della Catanzaro Costruzioni. Anzi, sembrerebbero emergere, stando alle risultanze, segnali di segno opposto. Questo per quanto riguarda l’aspetto delle discariche. Nel nostro territorio – questo è un aspetto che gradirei venisse rilevato dalla Commissione – c’è un’altra grossissima problematica, che è quella collegata allo smaltimento delle acque reflue. Il nostro è un territorio nel quale si opera anche da parte di concessionarie come la società Girgenti Acque, che amministra nel territorio di Agrigento proprio l’erogazione dell’acqua, con costi che sono i più elevati sull’intero territorio nazionale. Non esiste, però, alcun tipo di depurazione. Lo sversamento delle acque reflue avviene in mare, in una maniera che, secondo i nostri accertamenti, determina un grave inquinamento ambientale. Credo che questa possa essere sufficiente, come premessa. Se poi da parte della Commissione vi sono degli aspetti da approfondire o comunque da puntualizzare, siamo, ovviamente, a vostra disposizione”.

 

PRESIDENTE. “Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni”.

 

STEFANO VIGNAROLI. “Non voglio entrare nel merito della premessa che lei ha fatto, con riferimento ai problemi che riguardano l’assenza dell’inceneritore, perché l’inceneritore, comunque sia, è una parte residuale. Qui abbiamo visto che manca ben altro a monte. Non è sicuramente la mancanza dell’inceneritore il problema. Chiusa la parentesi, volevo sapere una cosa da parte vostra. Avendo visto la relazione sulle discariche stilata dall’ex assessore Marino, per quanto riguarda la discarica, le vasche V1 e V2, le prime che sono state rilasciate, sono state rilasciate in difformità del divieto di autorizzazione delle discariche non a gestione pubblica. Per la vasca V3 noto che non è molto chiaro il passaggio tra proprietà pubblica e gestione privata e che c’è la mancanza di prescrizione. Sono tutti problemi legati alle autorizzazioni. Addirittura laddove ci sarebbe dovuto essere un TMB – questo è un altro problema – ci si è dimenticati che i sarebbe dovuto essere un TMB, che non è stato fatto, e al suo posto è stato realizzato un altro invaso. La storia è piuttosto lunga e complessa, come vedo qui. Ci sono ben quattro vasche e ogni vasca ha dei problemi. Volevo sapere da parte vostra se sono state fatte delle indagini e a che punto sono”.

 

IGNAZIO FONZO. “Sono quelle a cui avevo accennato prima. Comunque, immaginavamo questo tipo di domanda. Pertanto, la collega che se n’è occupata dall’inizio direttamente farà la cronistoria, che coinvolge anche aspetti giuridico-amministrativi piuttosto particolari”.

 

ANTONELLA PANDOLFI, Sostituto procuratore di Agrigento. “Buonasera. Volevo intanto precisare che, per quanto riguarda l’ultimo periodo, per quello che mi consta – penso che lo stesso valga anche per i colleghi – non abbiamo avuto segnalazioni particolari in ordine alla gestione della discarica. Parlo chiaramente per tutto ciò che riguarda la competenza della procura ordinaria. Io non so a Palermo che tipo di informative siano state fatte. Tuttavia, notizie specifiche di particolare rilevanza non ve ne sono dal punto di vista della gestione. Devo anche precisare sul punto, però, che la materia dei rifiuti è una materia molto tecnica. Prendiamo atto che la nostra polizia giudiziaria non è specializzata. L’unico soggetto con cui noi possiamo lavorare veramente bene è il personale del NOE di Palermo, che però consiste di pochissime unità, che sono anche distanti da noi. Adesso stiamo cominciando a lavorare personalmente su altre discariche, per esempio sulla gestione post-mortem della discarica di contrada Consolida di Agrigento e sulla discarica di Canicattì, ma su Catanzaro non abbiamo notizie recenti. Io posso, però, parlare dell’origine della situazione che si è verificata e che si sta verificando a oggi. Io sono stata titolare del procedimento penale originario, scaturito nel 2005, allorquando il Catanzaro ha iniziato a presentare una serie di esposti reiterati nel tempo nei confronti degli amministratori del comune di Siculiana, in primis proprio del sindaco. Lo stesso lamentava una serie di reiterati e anomali controlli da parte dei vigili di Siculiana in considerazione del fatto che essi non erano neanche tecnicamente competenti a conoscere questioni tecniche su percolato e altro. Denunciava anche episodi di pseudo-intimidazione da parte del Comandante dei vigili. A questo punto, ho indagato nel tentativo di cercare di capire le dinamiche di questa rottura di rapporti, perché in precedenza i rapporti tra il comune e la Catanzaro erano stati assolutamente sereni e tranquilli. Dal 2005 succede qualcosa. Abbiamo cercato, quindi, di capire quali potessero essere i moventi di queste condotte anomale e sicuramente la vicenda della discarica è stata uno spunto interessante. Si è cercato di ricostruire un po’ tutta la vicenda amministrativa ed è emerso che, a un certo punto, la Catanzaro ha deciso di spodestare il comune. Parlavamo di una discarica su un territorio comunale. È vero che gli espropri dovevano ancora essere completati…”.

 

PRESIDENTE. “Quindi, era una discarica su territorio pubblico, affidata ai privati tramite gara, affidamento o che tipo di contratto? A che titolo il comune l’ha affidata al gestore?”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “Ho cercato di ricostruirlo. Nel 1994 viene stipulato un contratto di appalto per la realizzazione della discarica, ossia delle prime vasche, tra il comune, che è proprietario del terreno, e un raggruppamento di imprese”.

 

PRESIDENTE. “C’è stato un appalto pubblico con gara?”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “Francamente, questo era un aspetto che io ho verificato in maniera non troppo approfondita, perché, in realtà, il mio interesse era cercare di capire quello che fosse successo in epoca successiva. Ricordo che questo non era emerso”.

 

GIUSEPPE COMPAGNONE. “La domanda del presidente è assolutamente pertinente, perché una cosa è se l’affidamento è stato dato con gara e, quindi, in modo assolutamente terzo, un’altra è che, invece, l’affidamento sia stato fatto in modo diretto. C’è un’enorme differenza, anche per spiegare le questioni successive”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “Sì, dovrei riguardare questo aspetto. Quello che ricordo è che si arriva alla stipula di questo contratto per la realizzazione della discarica. Non so essere più precisa sul punto. Magari mi riservo di poter eventualmente riguardare questo aspetto. Fatto sta che vengono affidati i lavori per la realizzazione delle prime vasche alla ditta Catanzaro, che le realizza e assume la gestione dell’impianto per cinque anni”.

 

STEFANO VIGNAROLI. “Di che tipo di affidamenti si tratta, quindi? Non si sa”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “Io potrei assumere che vi sia stata una gara pubblica. Mi risulta un raggruppamento di imprese in cui era presente la Catanzaro Costruzioni. Poi la capogruppo fallisce e rimane solo la Catanzaro”.

 

STEFANO VIGNAROLI. “Che anno era, scusi?”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “Il 1994. Io qui ho segnato che «fu aggiudicataria dei lavori per un corrispettivo di 1 miliardo 990 milioni di lire circa. I lavori avevano ad oggetto la realizzazione del primo lotto funzionale della discarica e la gestione dell’impianto per cinque anni, con apposita approvazione di un Piano tecnico di gestione da parte dell’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente, per un importo annuo presunto di 286 milioni di lire». I lavori di realizzazione del primo lotto funzionale iniziavano nel 1994 e terminavano il 1° settembre del 1995. Viene poi stipulata un’apposita convenzione tra i comuni interessati ai conferimenti e il raggruppamento di imprese riportante le norme che riguardavano le modalità del Piano tecnico-economico di gestione della discarica. La gestione dell’impianto inizia il 1° maggio del 1995. Come dicevo, nel 1996 la società capogruppo, De Bartolomeis, viene dichiarata fallita. Pertanto, da quella data esclusivo gestore dell’impianto è rimasta la società Catanzaro, previa apposita richiesta da parte della suddetta società e apposita proposta della Giunta comunale di Siculiana di proseguire il rapporto proprio con la società Catanzaro. Siamo in data 30 gennaio 1997. Con decreto assessoriale del 3 dicembre 1997 l’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente ha autorizzato la gestione della discarica controllata da parte della società Catanzaro per un ulteriore periodo di cinque anni dalla data del decreto o comunque fino all’esaurimento della discarica, con riferimento alle prime vasche. Dov’è che si inceppa un po’ il meccanismo? Nell’agosto del 2004, in fase emergenziale, abbiamo l’ordinanza prefettizia del prefetto di Agrigento che, in questa situazione di emergenza, approva il progetto esecutivo per la realizzazione del primo lotto funzionale della terza vasca. Il prefetto, rivolgendosi al titolare della discarica, che è sempre il comune di Siculiana, comunica di approvare il progetto. Il comune avrebbe dovuto provvedere a sue spese alla realizzazione di questo primo lotto funzionale, perché si era in emergenza. Se il comune non aveva la possibilità di sostenere finanziariamente i lavori, i lavori avrebbero potuto essere eseguiti dalla ditta gestore, ovvero dalla Catanzaro, che avrebbe potuto poi rivalersi sul comune, con riserva, una volta finita l’emergenza, da parte del comune di presentare la richiesta di AIA rispetto all’ampliamento e, quindi, alla realizzazione di tutta la vasca, non solo del primo lotto che venne autorizzato. Cosa succede? Questo è quello che il sindaco di Siculiana cercherà di evidenziare in tutte le sedi, in sede di Conferenza di servizi e in assessorato. Nel 2006 l’emergenza è finita, il decreto prefettizio è caducato e, quindi, a quel punto la Catanzaro non aveva più alcun titolo per avanzare richiesta di nuova AIA. Avrebbe dovuto essere il comune, al limite, a riproporla rispetto all’ampliamento. Di fatto, però, questa posizione del sindaco rimane isolata, nel senso che in sede di Conferenza, a livello di assessorato, si rilascerà la nuova AIA rispetto a tutta la terza vasca al gestore. Di fatto il gestore, quindi, esclude il comune. Sentendo Catanzaro, Catanzaro aveva parecchie cose da dire sul comune. In realtà, Catanzaro anticipa sui tempi il comune e presenta per la richiesta di AIA lo stesso progetto che era già pronto, lo stesso presentato dai tecnici del comune. Gioca, quindi, d’anticipo, lamentandosi con l’assessorato, dicendo che il comune, come al solito, è in ritardo, ed evidenziandone tutte le inadempienze. Da questo punto di vista io registro questo dato. In assessorato la Catanzaro ha sempre avuto una linea privilegiata. Io ricordo che uno degli amministratori o dei funzionari del comune mi diceva che loro vedevano che Catanzaro presentava le sue istanze di venerdì sera e che lunedì mattina veniva tutto esitato, sempre positivamente. La sensazione che io personalmente ho avuto è che, a un certo punto, il comune di Siculiana si sentisse un po’ come Davide contro Golia”.

 

PAMELA GIACOMA GIOVANNA ORRÙ. “In che anno?”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “Parliamo del 2006, perché la richiesta di AIA è precisamente del 2006”.

 

IGNAZIO FONZO. “Nel 2006 siamo col Governo Cuffaro”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “La data di rilascio è il 4 dicembre 2006. L’ARTA rilascia alla ditta Catanzaro l’Autorizzazione integrata ambientale per l’ampliamento e il completamento della vasca 3, previa Conferenza di servizi del 26 ottobre. È in questa Conferenza che viene sentito Sinaguglia, il sindaco di Siculiana. Il sindaco diceva che Catanzaro non aveva alcun titolo per parlare. Doveva semplicemente, in forza di quell’ordinanza prefettizia, realizzare il primo lotto della vasca. Non doveva gestire. Non c’è alcun contratto di servizio. Il primo contratto di servizio del 1994 si era ormai esaurito perché la prima e seconda vasca si sono esaurite. Per la terza vasca non c’era alcun titolo. L’assessorato rispose dicendo che non era importante, perché il soggetto privato gestore poteva chiedere e ricevere l’autorizzazione. Pertanto, il sindaco ha ricevuto risposta negativa. La mia personale convinzione, come titolare del fascicolo che si era aperto, è che effettivamente questi controlli non proprio regolari esercitati dai vari amministratori fossero una sorta di reazione inconsulta al fatto che ormai Catanzaro li avesse fondamentalmente scansati. Di fatto, il comune si ritrovava a essere trattato come tutti gli altri comuni, tenuti a conferire i rifiuti e a pagarne i vari conferimenti in discarica, pur essendo proprietario della discarica. Tanto per farvi comprendere, e poi chiudiamo, rimaneva l’altro possibile movente per questi controlli. Catanzaro nel frattempo prospettava anche la possibilità di subire estorsioni. Avendo lui, da un determinato momento in poi, deciso di non pagare più il pizzo ai referenti del mafioso agrigentino Messina Gerlando, avendo deciso di interrompere questi pagamenti, come ritorsione, avrebbe subìto questi atti. Nell’ambito dell’amministrazione comunale vi erano soggetti legati a questo personaggio. Ricordo che in sede di udienza preliminare sentimmo il capo della squadra mobile, che ci ricostruì tutto questo quadro in maniera molto precisa. Ci convincemmo, quindi, a modificare l’imputazione e a trasmettere il tutto a Palermo. A Palermo gli imputati furono poi assolti, perché probabilmente quel tipo di impostazione non trovò conferma. Questa è l’ulteriore conferma che forse il vero movente fu legato proprio a questo discorso della vicenda amministrativa che ho appena riferito”.

 

DORINA BIANCHI. “Io volevo capire meglio, visto che lei ha seguito la vicenda. Il comune fu sciolto anche per mafia. Questa è una questione di cui voi non vi siete proprio interessati, ma avrete letto…”.

 

IGNAZIO FONZO. “Scusi, ma la interrompo perché i meccanismi processuali sono ben definiti. Noi non possiamo debordare dalle nostre competenze. Se viene fatta una prospettazione in questi termini, ossia se Catanzaro è vittima di estorsioni, del cosiddetto pizzo vecchio  sistema, se denuncia gli estorsori e attribuisce quelle che lui ritiene delle ritorsioni all’amministrazione comunale perché collegata a soggetti direttamente imparentati con quelli che lui ha denunziato come suoi estorsori, in quanto appartenenti alla famiglia di Cosa nostra agrigentina, a quel punto la nostra attività si ferma. Il caso passa alla DDA di Palermo. Infatti, è stata la DDA di Palermo che ha sviluppato l’indagine, che evidentemente poi non ha sortito l’effetto…”.

 

DORINA BIANCHI. “Faccio un’altra domanda”.

 

IGNAZIO FONZO. “Forse ho compreso male io”.

 

DORINA BIANCHI. “No, ho capito e capisco. Ad oggi risulta che ci siano delle attenzioni della criminalità organizzata verso la discarica o verso Catanzaro? Aspetti, le faccio l’altra, così chiudiamo le domande. Un’altra cosa che mi interessava domandarle è sulla questione depuratori cui lei si riferiva. Anche nella relazione che lei ci ha mandato…”.

 

IGNAZIO FONZO. “Che ha mandato il procuratore”.

 

DORINA BIANCHI. “Nella relazione che ha mandato il procuratore si mette particolare risalto su questa vicenda, ragion per cui volevo che l’approfondiste”.

 

GIUSEPPE COMPAGNONE. “Procuratore, a me piace che le Istituzioni si parlino, perché io ho l’impressione che non lo facciano. Da siciliano, io vorrei il bene di questa terra. Vorremmo, quindi, che quantomeno fossero chiare le strategie. Mi riferisco a quello che lei ha detto a proposito del termovalorizzatore. Io ho la presunzione, se permette, di spiegarle il perché”.

 

PRESIDENTE. “Scusi, però, andiamo sulle domande”.

 

GIUSEPPE COMPAGNONE. “C’è una motivazione per cui lo dico. Quei quattro termovalorizzatori erano eccessivamente sovradimensionati per le necessità della Sicilia. Avrebbero potuto bruciare tutti i rifiuti della Sicilia, compreso l’organico e anche quello che veniva da fuori. Ciò significa che questo era chiaramente un business che sarebbe servito non certamente ai siciliani, ma a quanti costruivano i termovalorizzatori. Da un dialogo, da un’audizione che abbiamo avuto con l’ex assessore Marino si evinceva anche un meccanismo di gara truccata, motivo per il quale questi atti furono poi trasmessi alla procura di Palermo. Chiederemo alla procura di Palermo che fine ha fatto quest’inchiesta. La strategia della regione siciliana è espressa nel Piano dei rifiuti approvato dalla regione siciliana e dal Ministero dell’ambiente, il quale prevede, così come in Europa e come nei Paesi civili, che si faccia la raccolta differenziata porta a porta e che…”.

 

PRESIDENTE. “Scusi, senatore Compagnone, andiamo alle domande”.

 

GIUSEPPE COMPAGNONE. “Sto arrivando alla domanda. La domanda è questa: perché, invece, non ci si fa spiegare perché non vengono realizzati gli impianti che servono alla realizzazione della raccolta differenziata, gli impianti di compostaggio, gli impianti di biomasse? Perché, per esempio, non si indaga sul perché non vengano fatti gli impianti di depurazione e si continui a sversare e a inquinare il mare? Perché non si fanno queste cose? Per carità, è facile, invece…”.

 

PRESIDENTE. “Ripeto, scusi, abbiamo qui il procuratore, non la regione Sicilia. Se allarghiamo… Noi abbiamo un compito piuttosto specifico. Io vorrei mantenermi all’interno del compito”.

 

PAMELA GIACOMA GIOVANNA ORRÙ. “Per completezza anche rispetto alle domande della collega, abbiamo detto, se non ho capito male – lo ripeto intanto per me stessa – che Catanzaro avrebbe potuto essere vittima di estorsione, che il comune è stato sciolto per mafia, che il sindaco è stato assolto. Poco fa, però, dottoressa, lei ha detto che alcuni funzionari del comune le hanno riferito che, non appena Catanzaro andava alla regione, il venerdì presentava le sue istanze e il lunedì le vedeva esitate. La domanda è: era vittima o…? Giustamente, la dottoressa dice: «bella domanda». Vorrei capire di che cosa stiamo parlando”.

 

PRESIDENTE. “Io vi pregherei di mantenere l’ordine, perché altrimenti non si capisce niente. Chi parla deve parlare nel microfono. Se parla un altro fuori microfono, non si capisce nel resoconto che cosa sta succedendo. Vi chiedo solo questo, un po’ d’ordine. Tutto qui”.

 

PAMELA GIACOMA GIOVANNA ORRÙ. “Devo ripetere?”.

 

PRESIDENTE. “No, non ripetiamo niente. Finiamo di fare il giro di domande e poi consentiamo di rispondere”.

 

STELLA BIANCHI. “Avrei tante richieste di precisazioni, ma mi limito a due. Questa questione a cui faceva riferimento ora la senatrice Orrù, se non ricordo male, questa facilità di rapporti di Catanzaro con gli assessorati regionali alla quale voi facevate riferimento risale anche ai periodi iniziali? La domanda è questa. Risale anche ai periodi iniziali della loro attività, cioè già al 1994, oppure è un fatto che succede solo da un determinato punto in poi? Accade dal 2006 in poi, negli ultimi anni, o è una costante che voi verificate nelle informazioni che avete ricevuto da altri? A quanto abbiamo capito oggi, Catanzaro si diceva vittima di un tentativo di estorsione, mentre le informazioni che, a quanto capisco io, acquisiamo oggi da voi ci offrono un quadro diverso. Ci sono questi sopralluoghi molto frequenti e probabilmente, a quanto capisco io, non attinenti alle responsabilità amministrative del sindaco di Siculiana nella discarica, che, secondo Catanzaro, si configurerebbero come una sorta di ingerenza – perdonate il termine improprio – che avrebbero a monte un ampliamento dell’impianto di discarica fatto da Catanzaro. Io non ho capito un punto, sul quale vi chiederei assistenza: si tratta di un ampliamento della discarica fatto da Catanzaro su terreni che sono ancora del comune e sui quali, quindi, non avrebbe avuto titolo alcuno a procedere, oppure aveva titolo a procedere? Questo, almeno a me, in questo momento, è poco chiaro”.

 

LAURA PUPPATO. “Ho una domanda in relazione a questa. Cerchiamo di finire le domande in relazione a questa discarica di Siculiana e alla vicenda Catanzaro. Anche le mie sono domande pertinenti a questo tema. Le altre le faremo, come propone il presidente, in un successivo step. Volevo chiederle se non sia anomalo che ci sia un comune che è proprietario di un terreno, che fa un contratto di cinque anni e che, in funzione di quel contratto di cinque anni, nel 1994, per quanto colgo senza ottenere un ulteriore beneficio, il medesimo gestore prosegua un’attività lucrosa come quella che si effettua nel settore dei rifiuti senza ulteriori riconferme del contratto o maggiori valori economici a vantaggio del comune. Vorrei capire se, in realtà, ci sono stati dei passaggi ulteriori oltre a quelli da lei già evidenziati, procuratore, che abbiano reso evidente una qualche disponibilità del Catanzaro nei confronti del comune. Chiedo anche come si giustifica che il comune venga di fatto espropriato di un proprio terreno rispetto a un’azienda privata alla quale addirittura moltiplica gli impianti, senza che vi sia né accordo, né autorizzazione. Questo diventa un esproprio de facto rispetto alla situazione. Passo all’ultima domanda, sempre sulla Catanzaro e sulla discarica. Come vengono determinati, a vostra conoscenza, i prezzi per il conferimento dei rifiuti in quella discarica? Vorrei sapere se il comune trae parte dei proventi oppure se vi è sempre ed esclusivamente un vantaggio del gestore e comunque qual è il costo a tonnellata, se è a vostra conoscenza. Grazie”.

 

STELLA BIANCHI. “Faccio solo un’integrazione veloce. Mi pare di capire che i rapporti di Catanzaro con l’amministrazione comunale di Siculiana siano un po’ uno snodo. C’è una variazione nei titolari dell’amministrazione comunale in questo periodo, ossia nei sindaci di Siculiana in questo periodo?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Sinaguglia non c’è più”.

 

STELLA BIANCHI. “Certamente il sindaco cambia ogni cinque anni. Posto che il sindaco può essere rinnovato per due mandati in qualunque capoluogo – immagino nei comuni più piccoli anche per un periodo più lungo – c’è, io credo, una sfumatura che non so bene come esprimere. I sindaci possono cambiare, ma possono anche far riferimento a una certa continuità”.

 

IGNAZIO FONZO. “Ho compreso, ma non abbiamo segnali in questo senso. Ho compreso la sua domanda. Cercherò, ovviamente, di sintetizzare e di rendermi comprensibile, senza sfuggire ad alcun tipo di responsabilità diretta. Ci sono, però, delle competenze che vanno assolutamente separate. Solo per un fatto cronologico, con riferimento all’osservazione del senatore sui termovalorizzatori e sugli impianti di compostaggio, lei ha detto una cosa che a me pare sia la quadratura del cerchio, ossia che quei termovalorizzatori erano sovradimensionati. Ciò non significa che, se fossero stati progettati secondo le esigenze della popolazione siciliana, sarebbero stati inutili. Sono state scelte della politica. Sulle scelte della politica è inutile poi che ci si lamenti dell’attività di supplenza della magistratura. Non possiamo essere noi ad andare a verificare perché non si fanno gli impianti di compostaggio o tutto il resto. Queste sono scelte della politica. Mi dispiace, ma è così. Venendo alla senatrice, il punto è che, nel momento in cui, nell’ambito dell’indagine, il fascicolo va alla DDA, io non ho più titolo per sapere a che cosa abbia portato quell’indagine. Questo non mi pertiene e sarebbe anche, sotto il profilo strettamente disciplinare, scorretto se mi andassi a informare. Non è per sfuggire alla domanda, ma non posso che replicare che, se sarà audito il procuratore di Palermo, è a lui che potrà fare giustamente la domanda sull’esito di quel tipo di indagine. Io posso ribadire e registrare un dato, che credo possa riassumere ciò che finora è stato – lo comprendo – oggetto delle vostre domande. La ditta Catanzaro, che si chiama Catanzaro Costruzioni, è una ditta che, come ragione sociale, ha un determinato tipo di attività. Come ha detto la collega, tra il 1994 e il 1996, per un accidente in quel raggruppamento di imprese, la Catanzaro Costruzioni stipula questo contratto con il comune di Siculiana per l’impianto e la gestione della discarica. Per una serie di vicende, anche amministrative, per rispondere alle loro domande, nel 2006, quando di fatto, come ha detto la collega – usiamo un termine non perfettamente tecnico, ma che rende l’idea – la Catanzaro fa proprio il progetto di ampliamento della discarica da parte del comune, lo presenta alla regione e ottiene direttamente dalla regione l’autorizzazione. Si sviluppa allora una serie di vicende anche dinanzi al giudice amministrativo, il quale ha sempre dato ragione alla Catanzaro. Sono dati oggettivi. Dal punto di vista amministrativo la Catanzaro, dinanzi al TAR di Palermo e poi al CGA – da noi, come sapete, c’è il CGA – ha sempre avuto ragione. A questo punto, io mi devo fermare, perché, dal punto di vista della procedura seguita per ottenere queste autorizzazioni e la prosecuzione delle attività, la Catanzaro è formalmente assolutamente in regola. Veniamo agli ulteriori passaggi. Nelle dinamiche che hanno attraversato questa martoriata regione negli ultimi vent’anni – non sono qui per fare sociologia spicciola, non mi interessa – a un certo punto determinati organismi hanno fatto delle scelte e hanno detto: basta con il sottostare alle richieste estorsive. La Catanzaro fino a un dato punto, in base alle denunce che ha sporto, era sottoposta ad attività estorsiva da parte di organizzazioni di tipo mafioso, facenti capo, come dicevo, prima a una famiglia di Cosa nostra residente nel territorio di Agrigento, specificamente all’allora capo cosca Gerlandino Messina, e pagava il cosiddetto pizzo, o comunque lo vogliamo chiamare. A un certo punto
c’è la famosa svolta: gli imprenditori decidono di denunziare e di collaborare con l’autorità giudiziaria. Catanzaro fa questo. Nel frattempo, poiché era in corso tutta la vicenda relativa alla discarica di Siculiana, si imbatte con l’amministrazione comunale, con il sindaco e con la polizia municipale, i quali pongono in essere una serie di attività che, secondo quelle che sarebbero state allora le risultanze dell’indagine della squadra mobile, propendevano per una cointeressenza dell’organizzazione criminale. A quel punto noi ci siamo dovuti arrestare, nel senso che ci siamo fermati, e gli atti sono andati a Palermo. A Palermo poi – lei me lo chiedeva – il processo ha avuto l’esito che ha portato all’assoluzione degli amministratori pubblici di Siculiana perché non è stata evidentemente provata la sussistenza dell’aggravante di aver agito per finalità specifiche di agevolazione dell’organizzazione mafiosa. Il comune comunque era già stato sciolto. C’è stato il periodo di amministrazione da parte del Ministero dell’interno con la Commissione prefettizia e poi ci sono state, come richiedeva anche la senatrice Orrù, le elezioni. A quelle elezioni non ci risulta, almeno a noi, come procura di Agrigento – se vi sono stati altri tipi di segnali a Palermo, non lo sappiamo – per la nostra parte, cointeressenze dirette nella competizione elettorale e poi nelle elezioni da parte della ditta Catanzaro. Non so se sono stato sufficientemente esaustivo”.

 

DORINA BIANCHI. “Lei ha detto che qualcuno aveva riferito che in regione la Catanzaro, non appena arrivava in regione, aveva una risposta. Voi avete verificato questa circostanza? Con riferimento al tempo che passa tra le domande che la ditta Catanzaro avanza alla regione e la data in cui ottiene le risposte, è realmente vera l’affermazione di chi ha detto questo, oppure no? Inoltre, le avevo chiesto se ad oggi ci sono state o ci sono delle intimidazioni oppure delle attenzioni che la criminalità organizzata ha verso la ditta Catanzaro o verso la discarica”.

 

IGNAZIO FONZO. “Su quest’ultima domanda non posso che risponderle come ho fatto: non lo so, ma non perché non lo so o perché non voglio saperlo. Se lo sa, lo sa la procura distrettuale antimafia. Quelle della criminalità organizzata non sono attività di indagine demandate al nostro ufficio. Non ci risultano”.

 

DORINA BIANCHI. “La Catanzaro non ha fatto delle denunce come procura di Siracusa?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Lui ha fatto una denuncia per delle minacce, ma noi l’abbiamo trasmessa a Palermo. È Palermo che poi se ne è occupata. Da parte della Catanzaro c’è una prospettazione. Nel momento in cui mi si fa una prospettazione che si tratta di minacce e intimidazioni di tipo mafioso – mi dispiace se sono ripetitivo – io mi arresto e trasmetto gli atti a Palermo. È a Palermo che bisogna chiedere”.

 

DORINA BIANCHI. “Io le ho chiesto se c’è un’attenzione verso la Catanzaro”.

 

IGNAZIO FONZO. “In questo senso sì, ci sono state delle denunce, ma sono state regolarmente – oserei dire – trasmesse all’autorità giudiziaria palermitana. Quanto alla questione in merito alla quale lei ha chiesto se vi fosse riscontro all’affermazione che il venerdì si presentava l’istanza e il lunedì veniva esitata, passo la parola alla collega”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “Su questo io non ho avuto riscontro. È rimasta la dichiarazione di questo funzionario, che mi pare non fosse tra gli indagati. Parliamo sempre comunque dell’entourage del sindaco. È rimasta una dichiarazione che non ha trovato, per quello che a me interessava in quel momento accertare, un concreto riscontro. Parliamo di fatti avvenuti a Palermo. Come diceva il procuratore, un dato oggettivo di fronte a cui io mi sono dovuta comunque fermare erano le argomentazioni dell’assessorato in sede di Conferenza di servizi, in cui si argomentava in ordine alla legittimità del rilascio di AIA al gestore privato. Questa fu una posizione, peraltro, confermata in sede anche di ricorso al TAR. Il problema della prospettiva del comune è che loro stavano perdendo su tutta la linea nei confronti del Catanzaro, forse perché – voglio provare ad azzardare un’ipotesi – essendo una piccola amministrazione comunale, non erano neanche supportati da tecnici e da legali strutturati, come quelli di cui, invece, poteva avvalersi il Catanzaro. Dal punto di vista dei ricorsi amministrativi, quindi, hanno perso. Questa era la situazione”.

 

IGNAZIO FONZO. “Per completare quello che chiedevano loro, io credo che questo risulti anche da altre attività della Commissione. Ovviamente, i colleghi palermitani saranno certamente più esaustivi di me. Per quello che è a nostra conoscenza, per quanto riguarda le vicende delle autorizzazioni o di altro, la nota vicenda che ha interessato il funzionario regionale Cannova, con l’arresto dei titolari della Oikos e, nel nostro territorio, dei Sodano, altri soggetti diversi da Catanzaro, sono stati trovati i riscontri al pagamento di compendio di corruzione del funzionario pubblico. Stando a ciò che emerge da quelle indagini, risulterebbero esclusi proprio i Catanzaro, perché su di essi non sarebbe stato rinvenuto nulla al riguardo”.

 

DORINA BIANCHI. “Era sempre lo stesso funzionario degli anni precedenti?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Questo no. Cannova, per quello che io so, era alla regione da una decina d’anni, credo, ma non le saprei dire”.

 

GIUSEPPE COMPAGNONE. “In base alle date mi sembra che siano diversi”.

 

IGNAZIO FONZO. “È probabile che siano diversi”.

 

BRUNELLA SARDONI, Sostituto procuratore di Agrigento. “Volevo solo aggiungere una cosa, per precisione, sull’argomento se ci siano state attenzioni della criminalità organizzata. In realtà, avevo gestito io, un anno e mezzo fa, se non sbaglio, questo fascicolo. Si basava su una denuncia del signor Catanzaro, che io ho sentito personalmente, prima di trasmettere gli atti alla DDA. Lui portava alla nostra attenzione una lettera – ricordo proprio un foglio di carta – con delle velate minacce, a suo dire, a penna, con riferimenti proprio alla discarica e paragoni con ciò che era successo su altre discariche di Catania e di Palermo. Io l’ho sentito. Non c’è stata una decisione immediata che questa fosse un’attenzione della criminalità organizzata. Abbiamo fatto un vaglio. Io l’ho sentito personalmente e, da quello che lui ha riferito e dalle indagini fatte dalla squadra mobile, ci è sembrato che potesse trattarsi di argomenti o comunque di minacce che potevano far pensare a qualcosa di mafioso. A questo punto, quindi, abbiamo trasmesso il fascicolo a Palermo e ce ne siamo spogliati, come diceva il procuratore. Più di questo non sappiamo. Lo dico solo per chiarezza”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “Volevo aggiungere, sulla questione della proprietà del comune rispetto alle aree, che, sempre dai miei appunti, ricordo che, quanto meno per quanto riguarda le prime vasche, si trattava di terreno comunale. Come, purtroppo, spesso accade, si tratta di aree magari requisite, ragion per cui ci sono queste procedure di esproprio, che però non sono completate. Magari vi è stata l’immissione in possesso e poi nel tempo si è perfezionata la procedura. Per esempio, io avevo segnato che il 14 dicembre 1993 vi era stato un verbale di immissione in possesso da parte del comune di Siculiana nel terreno di Campo Francesco, che è evidentemente uno dei terreni in cui si trovano le prime vasche, in vista della realizzazione della discarica”.

 

PRESIDENTE. “Quindi, c’è un esproprio da parte del comune, ma su altri privati? Il comune espropria per pubblica utilità per costruire la discarica, ma poi non si sa quale tipo di atto utilizzi per affidarla all’altro soggetto. È così?”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “C’è un’ordinanza, per esempio, di pagamento di indennità di espropriazione. Questa procedura evidentemente si è conclusa, perché c’è stato il pagamento dell’indennità di esproprio del 23 novembre 1998. C’è l’accettazione di indennità. Mi pare che questa procedura si sia completata. Rispetto alla proprietà di questo privato mi pare che la procedura fosse completa. Per altre parti, invece, ricordo che queste procedure erano ancora in atto, tant’è che una delle argomentazioni avanzate da Catanzaro era proprio che in alcune aree la procedura di esproprio non fosse completa. Se non ricordo male, mentre il Catanzaro avanzava le sue richieste, progressivamente acquistava lui – non vorrei ricordare male – i terreni su cui si sarebbero poi realizzate le discariche. Questo è un ricordo che ho dalle dichiarazioni di Catanzaro, quando io gli chiedevo spiegazioni su questo aspetto specifico”.

 

IGNAZIO FONZO. “Poiché il senatore diceva prima che parlava da siciliano e, a differenza dei miei colleghi, io sono siciliano e, quindi, lo posso dire, non è che l’attività di gestione amministrativa da parte dell’ente locale, per lasciar stare l’ente regionale, sia mai stata «perfetta». Nelle maglie di un’attività amministrativa da parte, in particolare, dell’ente comunale si sono sviluppate alcune vicende che hanno fatto sì che l’attività posta in essere dall’azienda abbia poi determinato un’acquisizione di diritti e una serie di conseguenze, avallate poi dal giudice amministrativo, quando ha riscontrato che le attività prodromiche agli atti amministrativi dell’ente pubblico erano poco motivate o comunque poco puntuali”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “Ricordo, infatti, che il Catanzaro, nel giustificare il fatto che avesse presentato lui il progetto del comune, lamentava proprio i ritardi e l’inerzia dell’amministrazione comunale. Ricordo che su questo punto c’era una collega, che ora è andata via, che aveva sviluppato il filone di indagine con apposita consulenza tecnica per cercare di capire dove fossero state allocate le risorse che venivano versate dal Catanzaro per la gestione postmortem della discarica. Catanzaro lamentava, in sostanza, che il comune le destinasse ad altri fini. Ricordo, però, che il consulente non riuscì a individuare in quali voci di bilancio fossero state allocate queste risorse e che, quindi, poi quel fascicolo fu archiviato. Catanzaro aveva delle cose da dire e sapeva come difendersi, ma io ritengo che il punto interrogativo rispetto a questo passaggio dalla mano pubblica alla mano privata rimanga come punto interrogativo alla base della ricerca”.

 

 

IGNAZIO FONZO. “Mancavo di una risposta a chi mi ha chiesto dei depuratori. Il territorio di Agrigento si caratterizza per essere uno…”.

 

PAMELA GIACOMA GIOVANNA ORRÙ. “Scusate, ma, prima di passare a un altro argomento, volevo soltanto chiedere, da siciliana, se sia possibile essere più certi. Comprendo che non si possono ricordare vent’anni, quando non si sono gestiti o curati fascicoli, ma vorrei capire come comincia tutta questa situazione dei terreni fra comune e privati e che tipo di gara è stata fatta, partendo dagli espropri, per quanto è possibile di vostra competenza. Un conto è il forse, un altro è il dato”.

 

IGNAZIO FONZO. “Ci dobbiamo riservare di farvi arrivare una nota”.

 

PAMELA GIACOMA GIOVANNA ORRÙ. “Non intendo adesso. Chiedo una nota che ci aiuti, ovviamente anche nel tempo”.

 

IGNAZIO FONZO. “Lo faremo per quello che, ovviamente, è a nostra conoscenza”.

 

STEFANO VIGNAROLI. “Vorrei porre una domanda sulla questione di prima. Mi è chiaro che, giustamente, la questione spetti alla DDA di Palermo, anche se ho capito che è chiusa. È chiusa la questione del comune che era stato indagato anche per infiltrazione mafiosa e che è stato assolto. Non ho capito bene, però, se c’è ancora altro sul ruolo della regione”.

 

IGNAZIO FONZO. “C’è altro, ma non sono in grado di rispondere”.

 

STEFANO VIGNAROLI. “Lo chiederemo alla procura di Palermo. Aggiungo un’ultima domanda su Catanzaro. Le risulta che Catanzaro facesse parte di qualche ATI che si aggiudicò la costruzione dei quattro inceneritori?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Non abbiamo informazioni in tal senso”.

 

STEFANO VIGNAROLI. “Per quanto riguarda le acque reflue, visto che noi adesso introduciamo questo argomento, volevo sapere se, quanti e quali comuni del vostro territorio rientrano nelle due condanne della Corte di giustizia europea per quanto riguarda il trattamento delle acque reflue”.

 

LAURA PUPPATO. “Completo le due domande che mancavano rispetto al tema che abbiamo affrontato in maniera più approfondita prima. Lei, procuratore, all’inizio ha esattamente spiegato come in questa provincia si evidenzi una situazione di certo frequente, ma ancora più anomala. Non si registra «solo» la mancanza di depurazione, ma anche il carico economico, ossia il costo posto a carico degli utenti, dei cittadini e delle imprese senza avere la depurazione e, quindi, il servizio. Questo, peraltro, è stato più volte in campo giuridico-giudiziario previsto come motivo per il non pagamento della parte di depurazione. Volevo capire l’evoluzione, dal punto di vista della procura, a seguito, presumo, di alcune denunce che senz’altro devono essere arrivate. Se c’è stato qualche esposto, lo avrete ricevuto. Come avete agito nei confronti degli amministratori? C’è stato un incremento di sensibilità? Si è evoluta la situazione o, invece, è statica e negativa come ci pareva? Le faccio anche la seconda domanda. Lei ha accennato nel suo intervento iniziale al fatto che il quadro complessivo le è parso peggiorato rispetto alla situazione del 2010 nella provincia di vostro interesse. Poiché noi abbiamo avuto questa informazione sul dopo-Marna e su Libero Futuro, ragion per cui ci era parso che qualche miglioramento potesse essere rappresentato, ci può spiegare meglio qual è il tema che la preoccupa?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Ho compreso. Il punto è questo: la provincia di Agrigento è, credo in assoluto, anche rispetto alle mie precedenti esperienze professionali sempre in Sicilia – io sono ad Agrigento dal 2009, provenendo da Catania – tra quelle più toccate dal fenomeno dell’abusivismo edilizio. Questo significa che vi sono intere zone della città di Agrigento, ma anche molti comuni della provincia, come Licata, Palma di Montechiaro e altri, in cui nel corso degli anni il fenomeno ha assunto dimensioni esorbitanti. Tenete conto che noi abbiamo ereditato dalla vecchia procura-pretura, ufficio che ha cessato di esistere in esito alla legge Carotti nel 1999, oltre 2.000 ordini di demolizione non esitati, che io personalmente, messomi «di buzzo buono», ho cominciato a mettere in movimento. Sono circa a metà. Laddove ci siamo riusciti, anche in zone di particolare pregio del litorale, come Baia dei Turchi o altre zone, siamo riusciti a demolire i cosiddetti ecomostri che stavano in bella mostra su una delle spiagge più belle d’Italia – non voglio esagerare – da circa vent’anni. Con sforzi notevoli e anche con attività di supplenza rispetto all’amministrazione comunale, siamo riusciti a far demolire questi manufatti, che erano ancora degli scheletri. Non abbiamo, però, risolto il problema, perché, al di là delle problematiche relative all’acquisizione al patrimonio pubblico degli immobili abusivi e alla loro destinazione a uso pubblico – tutta questa è una storia sulla quale non vi voglio tediare – il punto fondamentale è che in questi siti, a partire dal comune di Agrigento, in interi quartieri, come, per esempio, nel quartiere balneare di San Leone, non esiste alcun tipo di depurazione. Zero. Lo sversamento dei rifiuti, tutti, avviene direttamente a mare. Due anni fa, nell’estate 2013, noi abbiamo sequestrato e abbiamo dovuto bloccare, imponendo all’amministrazione che non voleva farlo, la zona con divieto di balneazione perché avevamo disposto una consulenza tecnica che ci aveva dimostrato in maniera inequivoca in che modo l’inquinamento del mare di Agrigento e della zona fosse evidente. Lo sversamento avveniva nel modo seguente, per farla breve: l’azienda che ha la gestione aveva messo delle grate dove si dovevano bloccare i rifiuti e i cosiddetti pennelli a mare, che, però, non hanno mai funzionato. Era previsto lo sversamento a 200 metri dalla riva. Poiché questi pennelli a mare non hanno mai funzionato e non funzioneranno mai, i 200 metri non esistevano e il mare riportava indietro i rifiuti. I pennelli a mare sarebbero delle condotte che avrebbero dovuto determinare lo sversamento dei rifiuti depurati dagli organici bloccati dalle grate a 200 metri dalla riva. Questi pennelli a mare, però, non hanno mai funzionato e il mare era assolutamente inquinato. Abbiamo fatto accertamenti, abbiamo utilizzato l’ARPA e abbiamo ottenuto dal giudice, che ha disposto il sequestro su nostra richiesta, anche degli obblighi di fare in capo all’amministrazione, ma stiamo ancora ad aspettare, perché la società che gestisce il ciclo delle acque, la Girgenti Acque…”.

 

PRESIDENTE. “È una società privata o pubblica?”.

 

IGNAZIO FONZO. “È una società privata, la Girgenti Acque, che pratica le tariffe più elevate in assoluto ad Agrigento e in tutto il territorio nazionale e che non ha provveduto. Perché? Perché la depurazione non esiste. Gli appalti per i depuratori non sono mai stati attuati. Siamo sempre là. Occorre sempre, dopo le proteste dei cittadini, l’intervento in supplenza dell’autorità giudiziaria per ovviare a queste carenze”.

 

PRESIDENTE. “Queste aziende private, almeno in questo caso, anche nel ciclo dell’acqua sono collegate a soggetti criminali del luogo?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Il titolare della Girgenti Acque, anzi il maggior azionista, per meglio dire, ha già subìto una condanna passata in giudicato per falso e truffa in relazione ai lavori di costruzione del primo lotto dell’ospedale di Agrigento. Sul secondo lotto è stato sottoposto a procedimento penale ed è stata dichiarata la prescrizione del reato, ma permangono delle conseguenze di natura civilistica, perché nella costruzione dell’ospedale era stato utilizzato – è un fatto definitivamente accertato – cemento cosiddetto depotenziato. Noi sequestrammo l’ospedale e poi la protezione civile ha finanziato dei lavori di messa in sicurezza e di consolidamento. Nondimeno, come voi sapete, non essendoci più la gestione in-house, i comuni hanno demandato il servizio idrico a questa società, sulla quale poi, se ci sono altre domande, potranno rispondere le colleghe. Noi abbiamo in corso una serie di attività”.

 

GIUSEPPE COMPAGNONE. “Il nome di quest’azienda qual è?”.

 

IGNAZIO FONZO. “È la Girgenti Acque”.

 

GIUSEPPE COMPAGNONE. “Chi è il soggetto?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Campione Marco”.

 

GIUSEPPE COMPAGNONE. “Ha avuto l’affidamento, immagino, con una regolare gara”.

 

IGNAZIO FONZO. “Ha partecipato solo lui”.

 

DORINA BIANCHI. “Non ho sentito la domanda”.

 

IGNAZIO FONZO. “Si chiedeva come abbia avuto la gestione del servizio e se avesse partecipato a una gara. Ho risposto di sì, perché ha partecipato solo lui. Di tutti questi crimini – mi sento quasi ridicolo, mi perdoni; sono inguaribile – può continuare…?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Io capisco che molti rimangano sorpresi quando diciamo queste cose. Lei non sarà l’ultimo”.

 

GIUSEPPE COMPAGNONE. “Può continuare a gestire un servizio pubblico uno che è inquisito per queste cose?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Lei non mi deve fare domande le cui risposte potrebbero sottopormi non dico a censura da parte del presidente, ma ad altro tipo di sanzioni. Non mi faccia dire quello che non posso dire”.

 

DORINA BIANCHI. “Voi su questo ci potete dare informazioni?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Dipende, perché abbiamo in corso una serie di attività”.

 

DORINA BIANCHI. “Se segretiamo, almeno alcune ce le potete riferire?”.

 

IGNAZIO FONZO. “Se segretiamo, sì, certo”.

 

PRESIDENTE. “Prima di segretare, mi sembra di capire che non esista proprio il sistema di depurazione”.

 

IGNAZIO FONZO. “Assolutamente no”.

 

PRESIDENTE. “Si è verificato in altri casi, in altre regioni, che sono stati costruiti depuratori, magari perché c’erano importanti finanziamenti europei, ma che poi questi depuratori non sono mai partiti. Comunque, fisicamente qualcosa c’era. In questo caso, quindi, non esistono proprio?”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “La società Girgenti Acque, nel momento stesso in cui ha assunto nel 2007 la gestione del servizio idrico integrato, si è impegnata a  ricevere tutti gli impianti della provincia, che sono, peraltro, numerosi. Adesso è in corso un’attività di indagine che è nata proprio dal sequestro delle due condotte. A partire da lì noi abbiamo deciso di estendere, una volta per tutte, l’indagine per cercare di capire la situazione nella sua interezza. Purtroppo, l’esito di questi accertamenti è desolante. Sempre per parlare della solita cittadina, Siculiana, c’è un depuratore che è stato realizzato negli anni Ottanta dall’Ente Acquedotti Siciliani (EAS), che non è stato mai attivato. Non solo, ma su sollecitazione mia, stiamo cercando di fare in modo che il comune requisisca questo impianto. L’EAS, nell’ultima Conferenza di servizi, addirittura nega di averlo realizzato. Mi dicono che non si trovano i documenti rispetto alla proprietà di questo depuratore. Ovviamente, la Girgenti Acque si guarda bene dal volerlo prendere in carico. Qual è il problema anche per Siculiana, come per San Leone? Mentre nel progetto originario le acque che devono poi essere immesse nel mare dovrebbero essere prima depurate, in realtà che cosa accade, sia per i pennelli di San Leone, sia per quelli di Siculiana? Vengono immessi reflui con una grigliatura assolutamente elementare, che non può essere qualificata nemmeno come trattamento primario, perché a monte avrebbero dovuto essere realizzati i depuratori. Poiché, però, il depuratore non c’è, continuano a essere messi in questo modo. Peraltro, ricordiamo che vicino a Siculiana c’è una riserva naturale bellissima, la riserva di Torre Salsa. Vi consiglio di andarci”.

 

PRESIDENTE. “Ci sono stato la scorsa estate. È un posto meraviglioso”.

 

ANTONELLA PANDOLFI. “Ve lo consiglio. Non sono luoghi molto sponsorizzati, ma sono veramente notevoli dal punto di vista paesaggistico. Nella speranza di cercare di sollecitare l’amministrazione, però, ovviamente, come diceva il procuratore, noi non ci possiamo sostituire. Non possiamo tenere aperta un’indagine allo scopo di sollecitare gli enti. Ancora adesso io mi trovo con la Conferenza di servizi in cui questo depuratore non viene consegnato. Che cosa dobbiamo aspettare? Dobbiamo sequestrare i depuratori e fare come con le condotte, ossia sequestrarlo e restituirlo con prescrizione? Il problema è anche questo. Mi è stato detto dai funzionari regionali che alla fine ad Agrigento siamo, tutto sommato, fortunati, perché la società gestore ancora esiste. A Palermo e credo a Catania addirittura queste società sono fallite, perché assumono il servizio senza essere, in realtà, in grado di sostenerne il carico. A me è stato detto dai vari avvocati e dagli amministratori di Girgenti Acque che loro hanno assunto il servizio perché il loro scopo era quello di aspettare i famosi finanziamenti europei. Io chiaramente rimanevo a bocca aperta. Loro sono una società che opera sul mercato”.

 

PRESIDENTE. “Il problema è che, in teoria, i cittadini dovrebbero pagare una tariffa dentro la quale ci dovrebbe essere la parte di investimenti della legislazione italiana”.

 

IGNAZIO FONZO. “Mi perdonerete se dico quello che sto per dire, senza alcun intento polemico. Mi sento di dirlo. Poi, se lo vogliamo segretare, lo segretiamo. È chiaro che questo tipo di società diventa anche un assumificio. Non c’è bisogno che vi spieghi perché diventi un assumificio. Lo capite molto meglio di me, ovviamente. Volevo passare la parola alla collega – questa parte, però, la segretiamo – che fornirà una specificazione ulteriore proprio sulle vicende della Girgenti Acque”.

 

PRESIDENTE. “Dispongo la disattivazione dell’impianto audio-video.

 

(La Commissione prosegue in seduta segreta indi riprende in seduta pubblica)”.

 

Fonte: agrigentonotizie.it

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