Si curano di meno e muoiono di più Sanità, siciliani “vittime” dei tagli 1


Scende il budget per le visite. Col decreto Lorenzin addio al ticket per molti esami. Così, addio prevenzione. E i numeri sono preoccupanti.

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Di Accursio Sabella

PALERMO – Si muore di più, soprattutto per motivi di cuore. E ci si cura sempre di meno, soprattutto se si è anziani. I dati a tinte scurissime, sono stati depositati sul tavolo dell’assessore Baldo Gucciardi dai sindacati delle strutture specialistiche accreditate con la Regione, in vista del prossimo “tavolo tecnico” convocato per giovedì 16 giugno.

Dati preoccupanti, dicevamo, legati – secondo i sindacati – ai tagli operati nei confronti dei centri specialistici sia pubblici che privati. Tagli ai cosiddetti “Lea”, i livelli essenziali di assistenza. E il problema starebbe a monte. Nella determinazione, da parte della Regione, del budget da destinare alle prestazioni specialistiche. Un budget sottostimato, secondo i sindacati, che ricordano come alla specialistica del territorio dovrebbe andare il 13,3 per cento del Fondo sanitario regionale (quasi 9 miliardi in tutto). Una percentuale che si tradurrebbe in un budget di 1,185 miliardi di euro, da utilizzare per il rimborso appunto delle prestazioni. La Regione, invece, ha stanziato 690 milioni di euro. Una differenza che si traduce in minori prestazioni rimborsabili: 1.200 in meno su mille abitanti per le specialistiche “classiche” (le branche a visita) e la fisiokinesiterapia, 270 in meno per mille cittadini per la diagnostica di radiologia, duemila in meno su mille abitanti come analisi di laboratorio.

“In particolare – dichiara il segretario regionale del sindacato Sbv Salvatore Gibiino – negli ultimi anni abbiamo registrato una ingiustificata riduzione degli aggregati della specialistica (pubblico-privati) del territorio siciliano. In particolare il privato – prosegue – è stato ridotto da euro 436 milioni del 2005 agli attuali euro 270 milioni”. Ma i tagli non riguardano, come detto, solo il privato “che però – ricorda Gibiino – garantisce il 70 per cento delle prestazioni”, ma anche appunto il settore pubblico. Con alcune immediate conseguenze per i cittadini. “Ai sensi del decreto legge 68 – insiste Gibiino – all’assessore della Sanità non è data facoltà di ridurre l’erogazione dei Lea”.

Intanto il costo per le prestazioni specialistiche è di gran lunga più basso del resto d’Italia: 23,69 per cento in Sicilia contro il 29,38 per cento delle media nazionale. Dati raccolti nel più recente rapporto nazionale sul monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza.

Insomma, in Sicilia ci si cura di meno. E si fa meno prevenzione. E così, ecco nello stesso report, ad esempio, i preoccupanti dati relativi allo screening per la diagnosi precoce dei tumori dell’apparato genitale femminile e la mammografia, esami che riportano un indicatore del 7,4 su mille abitanti contro quello, ad esempio, del Piemonte, dove il dato supera il 38 su mille. In pratica, mentre nella Regione del Nord sono 287 mila le donne sottoposte a mammografia ogni anno, in Sicilia la quota scende a 57.700.

E ancora, secondo i sindacati dell’assistenza specialistica, a pagare le spese dei tagli sono anche gli anziani. “Quando effettuano le prenotazioni nei nostri studi – si legge nella relazione inviata a Gucciardi – o ai Cup aziendali devono aspettare mesi per essere curati”. Il motivo? Sempre lo stesso: “L’enorme lista d’attesa che con il budget mensile (per i privati) l’assessorato sta incrementando, complice la sua annuale riduzione”. In Sicilia, per curare gli anziani si spendono circa 77 milioni, contro i 321 del Piemonte, considerata Regione-guida.

Preoccupano anche i tassi sulla mortalità. Soprattutto quella legata alle malattie dell’apparato cardiovascolare: 182 morti su mille abitanti in Sicilia, a differenza del resto d’Italia dove la media è di 159. Stesso discorso per le patologie cerebrovascolari (ad esempio gli ictus) dove la mortalità in Sicilia è di 53 persone su mille abitanti, mentre la media italiana si attesta a 37,7.

Numeri sui quali negli ultimi mesi sono piovute le conseguenze legate al cosiddetto “decreto sull’appropriatezza” del ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Un decreto che esclude dal rimborso tramite ticket decine di prestazioni, che i pazienti sono costretti a pagare interamente. Un provvedimento che, da un lato, anche a causa delle sanzioni previste, ha spaventato i medici che hanno quindi ridotto di molto le stesse prestazioni, dall’altro, la scelta (a volte obbligata, visti i costi) dei siciliani di curarsi sempre di meno, come denunciato poche settimane fa a Livesicilia della Confederazione italiana per la tutela dei diritti in Sanità. “Abbiamo registrato – spiegava Domenico Marasà – il calo del 30 per cento delle prescrizioni mediche. Ad esempio molte prestazioni odontoiatriche sono rimborsate solo parzialmente. E in quei casi i pazienti decidono di rinunciare”. Mentre in qualche caso i pazienti si sono trovati di fronte a novità spiazzanti: “Vuoi rifare gli esami del colesterolo? Torna tra cinque anni”. Anche per questo il presidente dell’Ordine dei medici Toti Amato, recentemente ha parlato di “disparità sociali sempre più evidenti e profonde che danneggiano il benessere delle persone, compromettendone anche la dignità”. I siciliani insomma si curano di meno, anche perché sono più poveri. E muoiono di più che altrove.

Fonte: livesicilia.it


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