Prevenzione è Sicurezza


Dopo il terremoto in Abruzzo e i duecentonovantanove morti causati dai crolli di case e palazzine, dopo lo sdegno unanime, dopo i primi controlli e le prime indagine, dovunque in Italia si cerca di correre ai ripari e fare revisionare edifici pubblici e non, verificare modalità e regolarità di costruzione, accertarsi quanto le nostre case sono sicure e quante di esse sarebbero davvero in grado di reggere all’urto della natura e del terremoto.
L’Italia periodicamente viene investita da questi fenomeni scatenati dalla forza della natura e anche a distanza di quarant’anni in tante persone è ancora vivo il ricordo del dramma del Belice il quale, seppur in modo più superficiale, aveva colpito anche la nostra città di Sciacca.
Dopo quanto accaduto ai nostri fratelli abruzzesi, anche in Sicilia, anche a Sciacca dubbi e perplessità hanno cominciato ad incombere, a prendere il posto dell’incauto ottimismo, come accade ogniqualvolta un evento assuma un elevato impatto mediatico. Così ci chiediamo: e noi saremmo pronti? Dopo i terremoti del 1908 a Messina e Reggio Calabria, dopo i danni del terremoto del Belice del 1968 quanto la nostra area geografica, da sempre una delle aree a maggior rischio sismico, sarebbe in grado di ottemperare ad una calamità del genere? Quante sono sicure le nostre abitazioni? Quanti sono sicuri i nostri edifici pubblici? Le scuole, gli ospedali, i tribunali, gli uffici comunali, insomma tutto quello che regge in piedi una società civile? Quali sono gli eventuali piani di emergenza predisposti dai comuni della Sicilia e dal nostro? O il tutto è lasciato al caso, alla speranza che mai una cosa del genere possa toccare a noi?
Le prime indagini portate avanti all’Aquila e a Onna, i paesi più colpiti dal terremoto abruzzese, hanno lasciato pochi dubbi: i tanti morti, le famiglie distrutte, i lutti non sono stati causati dal terremoto ma dall’uomo. Abitazioni costruite senza o con poche staffe di ferro, senza alcuna protezione antisismica, edifici anche nuovi costruiti con sabbia di mare, intere palazzine di cui in nessun ufficio si riesce a trovare la ditta e gli operai che hanno messo su il plesso…misteri dell’abusivismo edilizio e del lavoro in nero che genera inoltre l’aumento delle morti bianche.
Il dramma della casa degli studenti, eretto a simbolo del dolore ma anche del malaffare, simbolo di giovani che non potevano permettersi abitazioni e stanze migliori o semplicemente più sicure e adatte ai normali standard di vita.
Dalle nostre parti è stato tutto costruito a regola d’arte? A quando un maxi controllo a tappeto di tutte le principali scuole ed edifici pubblici presenti nel nostro territorio? Occorre per forza sperare nella nostra buona stella che ci protegga e ci salvi da tutto e da tutti?
Le calamità naturali sono molto difficili da prevedere, per alcuni studiosi prevederle è impossibile, ma è bene parlare anche del rispetto delle norme, se tutti i controlli vengono fatti e come vengono fatti o se invece il tutto non si riduca ad una mera ed inutile formalità, con un timbro ed una firma facile, per accelerare i tempi, per non creare impicci ed impacci a nessuno. Come sempre così a rischiare è la povera gente, coloro che hanno bisogno degli ospedali pubblici poiché quelli privati sono fuori dalla propria portata economica, coloro che rincorrono ogni minima borsa di studio per potersi permettere almeno una catapecchia altrimenti diventa complicato poter affrontare gli studi universitari e non, coloro ai quali servono case popolari dai bassissimi costi.
La Sicilia è una delle regioni più cementificate d’Italia, Sciacca negli ultimi decenni si è adeguata a questi ritmi forsennati di costruzione, il territorio presenta sia connotazioni sismiche proprie del canale di Sicilia quanto connotazioni vulcaniche data la presenza del grande vulcano sottomarino Empedocle e dell’Etna: porsi delle domande, mettere in atto delle considerazioni, palesare dubbi e rimostranze dopo quanto successo è lecito e legittimo così come necessario e doverosa sarebbe una risposta da parte delle autorità competenti: i nostri ragazzi vogliono conoscere i piani d’emergenza e come comportarsi in caso di calamità naturale oltre ai controlli più volte sollecitati.
La politica del “posiviri” non può e non deve essere messa in atto quando in gioco ci sono la vita dei nostri cari, delle nostre famiglie, dei giovani e degli anziani. Nulla può essere e deve essere lasciato al caso, anzi alle volte potrebbe bastare un controllo in più o organizzarsi a dovere e per tempo per salvare decine di vite umane, decine di sogni da realizzare, gli stessi sogni che porteranno avanti le nuove generazioni d’Abruzzo.

Calogero Parlapiano – tratto da “Controvoce”


Informazioni su Redazione

Mi chiamo Calogero Parlapiano. Ho 24 anni, sono studente di Lettere all'Università di Palermo. Ho svariati interessi e diversi hobbies, adoro leggere e scrivere. E amo la mia città natale, Sciacca.

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