RITORNO AL FUTURO ?


Dopo il cosiddetto LODO ALFANO che stabilisce che non tutti siamo uguali di fronte alla legge, dopo la LEGGE 13/2009 che ribalta l’esito della sentenza n.335/2008 della Corte di Cassazione sugli illegittimi canoni di depurazione, dopo il DDL SICUREZZA che introduce in Italia, come dice Padre Alex Zanotelli, norme da Apartheid e dopo il DDL INTERCETTAZIONI (l’unico tra i citati, e per fortuna, a non essere stato ancora convertito in legge) che mette il bavaglio all’informazione attraverso la rete internet,
arriva il DDL SVILUPPO che, con la sua approvazione in Senato, ha decretato il Ritorno ufficiale del Nucleare in Italia. Ignorato così il responso di un Referendum in cui la nostra popolazione si era espressa chiaramente per il NO rispetto a questa forma di energia e successivamente al quale si erano già dismesse le vecchie centrali. Il governo italiano ha deciso in questo modo che non occorre consultare nuovamente i cittadini perché anche stavolta sceglie “democraticamente” per loro, un “Ritorno al Futuro” col nucleare.

Prima bugia: il futuro è nucleare. È uno strano concetto, se si considera che stiamo parlando di una tecnologia vecchia di 50 anni. Ma è la stessa Agenzia internazionale per l’Energia nucleare (Aiea) a dire che il contributo del nucleare alla produzione di energia nel mondo è appena il 16%. Nel 2030, secondo l’Agenzia, tale apporto scenderà al 13%, perché le centrali durano in media 25 anni (stanno cercando di prolungarne la vita fino ai 40 anni, ma è chiaro che ogni anno in più le renderà più pericolose). Il nucleare, infine, serve a produrre energia elettrica e, di conseguenza, non può in alcun modo sostituire l’energia prodotta attraverso i combustibili fossili. Il nucleare non contribuirebbe dunque granché a ridurre le emissioni di anidride carbonica, responsabili del riscaldamento globale, anche perché, se il nucleare non emette CO2 in fase di produzione, non si può dire lo stesso riguardo alla costruzione e alla dismissione delle centrali, strutture che costituiscono l’esito di una filiera che prevede la produzione e l’uso di materiali quali gli acciai speciali e lo zirconio, tutta roba da smaltire dopo 25-40 anni.

Seconda bugia: il nucleare è economicamente competitivo. Ovvero costerebbe poco e in più permetterebbe una diminuzione della dipendenza dall’estero. Il patto fra Berlusconi e Sarkozy prevede la costruzione di centrali Epr, un modello che non è ancora attivo in nessun Paese del mondo. In Francia, attualmente, le centrali Epr in costruzione sono due. I costi sono lievitati enormemente perché i cantieri sono stati bloccati molte volte, a causa di numerosissime infrazioni alle procedure di sicurezza. La spesa per centrale, in Francia, è già di 4,5 miliardi di euro. In Finlandia la centrale Epr in costruzione ha accumulato per ora 3 anni di ritardo (e costi di più di 5 miliardi) perché i lavori sono stati fermati per circa 2100 infrazioni alle procedure di sicurezza. Le due società coinvolte si stanno imputando reciprocamente la responsabilità delle violazioni in tribunale. Il nucleare italiano costerebbe 28 miliardi per 4 centrali (14 li metterebbe la Francia e 14 l’Italia), vale a dire 7 miliardi a centrale! Si tratta, già in partenza (senza considerare cioè eventuali rallentamenti) di una cifra più alta di quelle pagate da francesi e finlandesi.
Per quanto riguarda la dipendenza dall’estero, essa diminuirebbe, in effetti, se fosse stato scoperto l’uranio in Italia. Nella realtà, la dipendenza dall’estero non diminuisce, ma cambia: dipenderemo da Canada e Australia, Paesi “ricchi” di uranio. Ma quanto uranio c’è nel mondo? Si stima che nel 2035 sarà finito. Anche ammettendo di poter scoprire nuovi giacimenti, rischiamo comunque di investire in una tecnologia che alla metà di questo secolo sarà già finita. Siamo dentro una follia.

Qualcuno dice: ma già oggi importiamo energia a basso costo dalle centrali nucleari francesi. L’energia nucleare, tuttavia, non è conveniente per il cittadino. La bolletta energetica è infatti più o meno la stessa in Francia (58 centrali nucleari), in Germania (19 centrali) e in Spagna (4 centrali), ciò che significa che la quantità di energia nucleare prodotta non incide in maniera significativa sul prezzo della corrente. La Francia vende energia a basso costo perché l’energia nucleare non è modulabile: una centrale nucleare funziona continuamente a pieno ritmo, indipendentemente dalle esigenze “orarie” del Paese. 12 delle 58 centrali francesi producono energia in più e devono smaltirla. La vendono a basso costo per non disperderla.

Terza bugia: il nucleare è sicuro. Secondo Berlusconi, l’Epr francese appartiene alle centrali nucleari di quarta generazione, quelle intrinsecamente sicure. Si tratta in realtà d’impianti di terza generazione, fatti sul modello di quelli di prima e seconda generazione. Sono meno a rischio? Sì, naturalmente, perché rispetto a qualche anno fa la tecnologia è andata avanti. Ma, in caso d’incidente, sono dalle 4 alle 7 volte più pericolose, perché sono molto più grosse. Il che, tra l’altro, impedisce di riattivare le “vecchie” centrali italiane, che dovranno essere smaltite, perché troppo piccole.
Nel 2005 la Commissione europea ha messo in piedi un gruppo di scienziati per sviluppare centrali nucleari intrinsecamente sicure. Un rapporto del 2007 dice che si potrà realisticamente parlare di centrali di quel tipo solo nel 2040, quando l’uranio sarà già pochissimo. Per di più, gli scienziati stanno ancora studiando 7 modelli diversi, segno che non hanno ancora ben chiaro da che parte cominciare.
Manca, oltretutto, la necessaria trasparenza delle informazioni. In appena 55 anni d’esistenza delle centrali nucleari gli incidenti conosciuti d’intensità media o grave sono già 135 e si sono verificati a tutte le latitudini: negli Stati uniti, nell’ex Unione sovietica, in Gran Bretagna, in Francia, in Giappone. Qualche incidente c’è stato anche in Italia. Un accordo del 1959 tra l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e l’Aiea, la Risoluzione WHA, sottopone qualunque intervento dell’Oms in materia di effetti sulla salute delle radiazioni ionizzanti al veto dell’Aiea e prevede che in caso di incidenti lievi o anche gravi l’Aiea possa concordare con l’Oms misure per mantenere confidenziale il carattere delle informazioni. Il rapporto finale dell’Oms sul disastro di Chernobyl parlava di 50 morti e 4 mila tumori. Ci sarebbero invece un milione e 600 mila contaminati, 200 mila dei quali sarebbero già morti.

Quarta bugia: non ci sono alternative. Il nucleare costituirebbe un’energia cui non sarebbe pensabile rinunciare in tempi di riscaldamento climatico. Ma il nucleare non è un’alternativa e non può essere una soluzione all’emergenza: il primo kw/h prodotto dalle centrali nucleari italiane dovrebbe vedere la luce nel 2020, mentre il Paese ha ben altri obiettivi da raggiungere per quella data, come previsto dall’Unione europea.

Quinta bugia: La grande rimozione: storie di scorie. I nativi indiani avevano inventato il principio per cui non si potevano prendere decisioni se non si conoscevano gli effetti che queste avrebbero prodotto fino alla settima generazione. Il tempo di dimezzamento del plutonio è di 24.400 anni. 25 mila anni fa la Francia e la Gran Bretagna erano attaccate. Se il ministro Scajola dice che in un anno troverà un deposito sicuro perché dovremmo starlo a sentire? Dovremo spendere tantissime risorse per mettere in sicurezza le 300 mila tonnellate di scorie esistenti: è criminale pensare di produrre anche solo un grammo in più. Il movimento italiano che nel 1987 ha vinto contro il nucleare era uno fra i più forti del mondo. Oggi il nucleare viene riproposto con gli stessi argomenti: è segno che, nel frattempo, non siamo stati capaci di elaborare e di “imporre” un altro modello energetico. Nel frattempo, l’energia è stata liberalizzata e ridotta a una merce come tutte le altre, cosicché oggi non possiamo rivendicare un piano energetico nazionale.
L’Italia non ha fame di energia. Il nostro Paese ne produce 88 mila MW/anno, a fronte di una domanda di 56 mila. Se importiamo energia dall’estero è perché il nostro sistema produttivo funziona al 50%. A questo proposito, la liberalizzazione dell’energia costituisce un guaio: perché un privato dovrebbe aver interesse a efficientare gli impianti, quando guadagna sul massimo consumo? La posta in gioco è, in effetti, più ampia del semplice rifiuto del nucleare. Si tratta infatti del modello sociale che abbiamo in mente: a un modello termico di produzione dell’energia, centralizzato, fondato sui grandi impianti e che comporta una militarizzazione della società, dobbiamo contrapporre un’idea alternativa. Le nuove centrali saranno protette dall’esercito e le nuove regole prevedono dai 5 ai 15 anni di detenzione per chi realizza un blocco stradale durante i lavori. Anche le aree militari, inoltre, potranno essere «valorizzate» economicamente, dotandole di centrali. A questa visione della società bisogna reagire riflettendo sulla natura dei beni comuni primari, dei quali dobbiamo riappropriarci. L’uso delle fonti rinnovabili permette di democratizzare il processo. Il sole sta dappertutto, il petrolio e l’uranio no.

Poco importa quindi se per costruire una centrale nucleare ci vorrà almeno un quindicennio e se in diversi Paesi li stiano nel frattempo dismettendo.

Poco o nulla importa se non si ha l’idea di dove collocare le scorie radioattive provenienti dalle centrali, e che quest’ultime abbiano una vita, in media, che va da 300 a 1 milione di anni. Una buona notizia per nostre future generazioni.

Poco importa se ancora, a distanza di ben 23 anni, il disastro di Chernobyl, avvenuto in Ucraina ai confini con la Bielorussia, provochi morti , tumori o nascite con deformità.

Poco importa se le cosiddette Centrali “sicure” non trovino nessuna compagnia di assicurazione a garantirli.

Poco importa se l’energia prodotta dalle centrali nucleari non sia per nulla la meno cara, visto che sommando i costi indiretti, il suo prezzo sarà maggiore di quella attuale.

L’importante è avere la possibilità di disporre d’energia da utilizzare per tutto e di più senza limiti e senza freni, dando un segnale inequivocabile alle industrie: produrre prodotti, attrezzi o strumenti a forte consumo elettrico. Si, perché è risaputo che l’energia prodotta dalle centrali non è accumulabile e quindi deve essere “consumata” giornalmente.

Noi de L’ALTRASCIACCA, siamo contrari al ritorno al nucleare, ritenendolo PERICOLOSO, COSTOSO, INVASIVO e, per certi versi, quasi IRREVERSIBILE.

Soprattutto quando veniamo a sapere che tra le Regioni, per cosi dire “PAPABILI”, la Sicilia è una delle prime, grazie anche alla grande disponibilità del nostro Ministro dell’Ambiente On.le Prestigiacomo, siciliana e quindi conoscitrice della grande pattumiera d’Italia che è diventata la nostra terra.

Raffiniamo già il 60% degli idrocarburi dell’intera penisola ma paghiamo la benzina più che in altre regioni.

Siamo la Regione più povera d’Italia ma siamo anche quella che paga l’acqua più cara.

Siamo, in assoluto, la Regione italiana a maggiore vocazione turistica ma la stiamo trasformando in una sorta di discarica a cielo aperto.

Che dire? Complimenti !!! Complimenti a tutti !!

Un solo consiglio, per chi ne ha voglia e tempo, iniziate a scrivere delle storie per le future generazioni ed iniziate cosi…: “C’era una volta una terra bellissima, la Sicilia…..

* In corsivo, gli appunti di MARIO BADINO da GIORNALISMO PARTECIPATIVO alla presentazione del libro «Nucleare: se lo conosci lo eviti» di MARCO BERSANI

** Vi consigliamo infine, per un approfondimento, la lettura o la visione de L’INGANNO di Michele Buono e Piero Riccardi da una puntata di REPORT sul Nucleare (clicca QUI per scaricarne la trascrizione)

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