Il Fatto Quotidiano dà voce alla protesta contro le piattaforme


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Su IL FATTO QUOTIDIANO di oggi, pagina 9, Giuseppe Lo Bianco e Ferruccio Sansa hanno pubblicato un articolo che prende spunto dalla nostra segnalazione sulla questione delle prospezioni petrolifere al largo delle nostre coste, elaborata dall’ing. Mario Di Giovanna .
L’articolo, esamina l’intera vicenda ed è un chiaro segnale che anche in ambito nazionale la questione comincia a fare scalpore.
Ci auguriamo che non rimanga un caso isolato e che più testate riprendano l’argomento per dare maggiore incisività alla nostra battaglia.

L’ORO NERO DELLA SICILIA

Nell’isola è cominciata la corsa alle trivellazioni con permessi concessi in gran segreto alle società petrolifere

di Giuseppe Lo Bianco
e Ferruccio Sansa

Piattaforme petrolifere in mezzo al mare. No, non è una rogna solo per Obama. Se ne sono accorti i siciliani che, con le immagini della Louisiana
negli occhi, stanno lottando contro i permessi di ricerca del petrolio nel loro mare. Licenze per oltre mille chilometri quadrati. Parliamo di quel mare
blu perfetto e incontaminato tra Marsala, Sciacca e le Egadi (ma
altre richieste sono state presentate per Pantelleria e Lampedusa).
E’ l’ora del tramonto sulla spiaggia di Marsala. Giacomo Di Girolamo
e Vincenzo Figlioli sono due giornalisti d’inchiesta: su giornali, siti e radio animano la società civile trapanese. Giacomo e Vincenzo indicano il braccio
di mare tra Marsala e le Egadi, ombre scure all’orizzonte. “I permessi riguardano anche questa zona”, spiegano quasi increduli.
Di qui comincia una storia che dice tante cose della politica italiana: “Le licenze sono state date tanto dal centrosinistra che dal centrodestra, ma oggi qui i due schieramenti si ritrovano uniti a lanciare l’allarme”, spiega
Figlioli.
Una vicenda che da una parte vede protagonisti i giganti del petrolio
(ma anche società con capitali di poche migliaia di euro), dall’altra comitati e associazioniambientaliste. Una lotta impari.
L’oro nero e la Sicilia, una storia lunga decenni. Sull’isola si raffina
il 30 per cento del petrolio consumato in Italia, tanto che le aree di Priolo, Milazzo e Gela sono qualificate ad elevato rischio ambientale (con tanto di inchieste giudiziarie, a Gela si procede per disastro ambientale). Con
dubbio vantaggio perché, come ricorda il giornale “L’isola”, le royalties
che le compagnie pagano alla Sicilia sono tra le più basse d’Italia , che nel complesso vanta royalties tra le più basse del mondo. Lo dicono i produttori
di petrolio nei loro siti: “La struttura delle royalties in Italia è una delle migliori del mondo. Per i permessi offshore le tasse sono solo del 4 per cento, ma nulla è dovuto fino a 300.000 barili l’anno”.
Così è cominciata la corsa alle trivellazioni nel mare siciliano. E dire che già l’Eni negli anni ‘80 ci aveva provato con due pozzi poi abbandonati perché antieconomici.
Ma adesso secondo l’associazione l’AltraSciacca sono una trentina i permessi già concessi in gran segreto, “senza la pubblicità prescritta”. I primi cinque
arrivano nel novembre 2006 (era al governo il centrosinistra).
“Ad aggiudicarseli sono stati la Shell e la Northern Petroleum (tra Marettimo e Favignana). Poi è arrivata la Audax Energy e nel 2009 (era Berlusconi, quindi) è toccato a tre autorizzazioni alla San Leon Energy”, ricostruisce Ignazio Passalacqua, consigliere AFFARI SPORCHI provinciale di Trapani (centrosinistra), in prima fila contro le trivellazioni.
E qui scoppia la rivolta dei trapanesi, perché quel mare vale oro per il turismo e la pesca. Così i comitati di Sciacca cominciano a indagare sui permessi e le società petrolifere.
Primo: “Lo Studio Ambientale presentato dalla società a noi sembra inadeguato e zeppo di imprecisioni, inoltre la
popolazione è stata male informata”.
Secondo: “La San Leon Energy è una srl con un capitale di diecimila euro. La sede è in un paesino della Puglia. Abbiamo cercato di contattarli, ma ai recapiti forniti rispondono altre società. Non solo: la ditta risulta inattiva ed è stata ceduta a una società madre con sede in Irlanda”.
Niente di irregolare, però elementi che, secondo le associazioni, suscitano allarme: “Come si fa a concedere a un soggetto di queste dimensioni il permesso di realizzare sondaggi tanto delicati?”, si chiedono l’ingegner Mario Di Giovanna e l’associazione AltraSciacca.
Ecco la questione più delicata:“Il Ministero dello Sviluppo Economico nel 2009 (ministro Scajola) ha autorizzato le ricerche nel mare antistante la zona Archeologica di Selinunte e le spiagge di Menfi (da 14 anni Bandiera Blu), per non dire della città turistica di Sciacca con uno dei più grandi porti del Mediterraneo per il pesce azzurro. Le ricerche arriveranno a meno di due chilometri dalla costa e si estenderanno per 482 chilometri quadrati”.
Non basta: “Siamo a due passi da due vulcani sottomarini attivi: una zona sismica”.
Ancora: “Il piano prevederebbe indagini condotte con l’air gun (pistola ad aria che crea un’onda sonora ad alta intensità) e la trivellazione di due pozzi di esplorazione.
Nessuno si è ricordato le riserve naturali e i banchi di c o ra l l i ”.
Perfino il senatore Antonio D’Alì, Pdl (in molti ricordano le dichiarazioni contro il protocollo di Kyoto), ha presentato una preoccupata interrogazione. Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, ha risposto: “La Northern Petroleum non può procedere alla perforazione di un pozzo, né all’allestimento di un qualunque impianto di estrazione, finché non abbia ottenuto l’ulteriore verifica di compatibilità ambientale e le autorizzazioni
specifiche”.
Riportano i resoconti parlamentari: “Il senatore D’Alì si dichiara soddisfatto delle informazioni”. Ma non la gente di Trapani: “Possibile che i giganti del petrolio si accontentino di fare le ricerche senza avere avuto rassicurazioni sulla costruzione dei pozzi? Contro colossi di quelle dimensioni siamo impotenti”.

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