Sicilia, no a trivellazioni in mare


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Immagine prelevata dal sito http://pagurobernardo.spaces.live.com/

Dal sito di ItaliaOggi (link)

PRIMO PIANO

Di Stefano Sansonetti

Si rischia di risvegliare anche un vulcano sottomarino.

Un leone nero su sfondo giallo, piuttosto stilizzato, che per atteggiamento e colori sembra un po’ ricordare il cane a sei zampe dell’Eni. Di sicuro si tratta di un logo in grado di esprimere bene la strategia di una società petrolifera che, da qualche tempo a questa parte, sta letteralmente andando all’assalto della Sicilia e del suo oro nero.Si chiama San Leon Energy, ed è una piccola srl con 10 mila euro di capitale sociale e una sede in provincia di Lecce. Il suo obiettivo è quello di farsi autorizzare dalle amministrazioni italiane tutta una serie di esplorazioni petrolifere al largo delle coste siciliane.

Nel mirino della società ci sono tre aree molto estese: una è di 358 Kmq e si trova a Sud delle isole Egadi, una di 226 kmq, praticamente confinanti con la prima, e poi c’è la terza, la più grande, che occupa la bellezza di 483 kmq al largo delle coste di Sciacca (Agrigento).

Ed è proprio quest’ultima area ad aver scatenato una pioggia di comprensibili proteste da parte di sindaci, associazioni ambientaliste, politici locali e nazionali per le caratteristiche che la San Leon Energy vorrebbe dare all’operazione. Tanto per avere un assaggio, basti pensare che l’area su cui dovrebbe insistere l’esplorazione presenta una distanza minima dalle coste di poco più di 2 km.

Già, 2 mila metri che secondo l’opinione che va ragionevolmente consolidandosi rappresentano una distanza assolutamente rischiosa per la natura, ma anche penalizzante per una serie di attività economiche vocate al turismo, l’unica risorsa reale per lo sviluppo, molte delle quali finanziate con fondi pubblici. Nella zona, infatti, ci sono alberghi e strutture di lusso, come il Verdura Golf Spa Resort di Rocco Forte (dove hanno trovato lavoro 400 persone) a Sciacca e un complesso alberghiero della Aeroviaggi di Antonio Mangia, c’è il porto turistico di Menfi. Ma ci sono anche barriere coralline e persino la bocca di un vulcano sommerso, che forse non è il caso di andare a stimolare con ricerche geologicamente molto invasive.

Il problema è che, nonostante tutto questo ben di Dio, il ministero dello sviluppo economico italiano finora ha assecondato le istanze della piccola ma aggressiva San Leon Energy. Insomma, sembra proprio che il disastro causato dalla compagnia petrolifera inglese Bp al largo delle coste della Louisiana non crei nessuna preoccupazione.

La San Leon Energy

Ma chi c’è dietro la srl da 10 mila euro di capitale sociale che vuole mettere le mani su più di mille chilometri quadrati nel canale di Sicilia?

ItaliaOggi, documenti alla mano, è in grado di ricostruire una vicenda che sta scatenando comprensibilmente le ire di mezza Sicilia e che è arrivata anche all’attenzione del parlamento nazionale, sebbene ancora in modo silenzioso. Con una premessa, d’obbligo: la San Leon è soltanto una delle numerose medio-piccole società petrolifere che, negli ultimi tempi, sono riuscite a ottenere parere favorevole dal ministero dello sviluppo economico per ben 36 istanze di esplorazione petrolifera, praticamente intorno a tutta l’isola. Un autentico assalto. Il capitale della srl è totalmente in mano alla San Leon Energy Limited, società che ha sede a Dublino, Northbrook road. Come si apprende dal sito della casa madre, si tratta di una società che ha circa 20 milioni di euro di capitale sociale versato e che si occupa di esplorazioni ed estrazioni di petrolio e gas in Marocco, Olanda, Polonia e Stati Uniti.

La sua filiale italiana batte un colpo il 7 marzo del 2008, quando chiede al ministero dello sviluppo economico una serie di autorizzazioni per progetti di esplorazione, tra i quali ci sono appunto i 483 kmq al largo di Sciacca. Si badi bene alla data, perché giusto qualche mese prima, per la precisione il 7 novembre 2007, la San Leon Energy srl aveva visto la luce in Italia.

Passa un po’ di tempo e il 20 dicembre del 2008, come emerge dallo stesso piano di intervento redatto per conto della srl, la commissione idrocarburi del ministero dello sviluppo economico (ministro Claudio Scajola) esprime parere favorevole all’istanza. In alcune interrogazioni parlamentari, come quella di Ignazio Messina (Idv), questo via libera viene fatto risalire al 20 gennaio del 2009, ma poco importa. Un primo risultato è acquisito e confermato dal sito internet della stessa San Leon.

Le mosse della società

A quel punto la società, con modalità che secondo i sindaci siciliani coinvolti sono a dir proco «segrete», provvede alla pubblicazione sull’albo pretorio dei comuni di Sciacca, Menfi e Castelvetrano della richiesta di assoggettabilità alla Via, ovvero la valutazione di impatto ambientale che compete al ministero dell’ambiente. Questa pubblicazione avviene il 13-14 aprile 2010 e dà 45 giorni di tempo per fare opposizione e fornire elementi che eventualmente possano contestare il progetto di esplorazione. Infine il 27 aprile la San Leon presenta al ministero dell’ambiente un documento di otto paginette, dal titolo Studio di impatto ambientale-sintesi non tecnica, con cui di fatto chiede «l’avvio della procedura di assoggettabilità a Via per il progetto esplorativo preliminare». La sigla, quasi in codice, del permesso esplorativo è d 354 CR.SL.

Al momento il ministero dell’ambiente, guidato da Stefania Prestigiacomo, deve ancora esprimersi sulla valutazione di impatto ambientale. Lo ha confermato, lo scorso 20 maggio, la risposta che il sottosegretario ai beni culturali (uno dei ministeri investiti dalla richiesta della San Leon), Francesco Giro, ha dato a un’interpellanza urgente di Giuseppe Marinello (Pdl). Nel frattempo, sulla medesima questione, in parlamento sono arrivate altre tre interrogazioni, una di Elisabetta Zamparutti (Pd), una di Domenico Scilipoti (Idv) e una di Ignazio Messina (Idv), tutte in attesa di risposta.

Il progetto

Nelle otto pagine di sintesi non tecnica, la San Leon riassume tutte le caratteristiche del piano. Vi si legge che «l’area in istanza è ubicata nell’off-shore siciliano, al largo delle coste di Sciacca, e occupa una superficie di 483 Kmq. La profondità del mare va da un minimo di 24 metri fino a un massimo di 230 metri. La distanza minima dalla costa è di circa 2,4 Km».

Da un punto di vista tecnico, poi, il progetto si articola in tre fasi. Nella prima si affronterà «uno studio geologico e l’acquisto di linee sismiche già resgistrate in passato»; nella seconda fase, dopo «il reprocessing e l’interpretazione dei dati acquisiti, sarà registrata una campagna sismica 3D per un totale circa di 100 Kmq. La sorgente di energia da utilizzare sarà del tipo Air-Gun».

Si tratta di un meccanismo che produce onde sismiche, funzionale sì all’esplorazione di chi cerca petrolio, ma esiziale per la fauna marina, secondo le associazione ambientaliste. La terza fase, che dà maggiore angoscia, reca un titolo che non ha bisogno di commenti: «perforazione di un pozzo esplorativo». Nelle considerazioni conclusive, la San Leon cerca di gettare acqua sul fuoco. Nel tratto di mare interessato, vi si legge, «non sono presenti zone sottoposte a vincoli».

Certo l’esplorazione consisterà «nella ricerca di trappole con accumuli a olio/gas_entro la profondità di circa 3.000 metri», ma «le attrezzature e gli impianti utilizzati non costituiranno un impatto visivo negativo rispetto al sistema territoriale costiero». Ma i sindaci della zona insorgono, per usare solo un eufemismo.

Le proteste

«Con questa richiesta di esplorazione siamo all’assurdo più totale», spiega a ItaliaOggi Michele Botta, sindaco di Menfi, «da 14 anni bandiera blu europea, comunità che da sempre mira al turismo e che non può sopportare un’operazione del genere». Le contromosse non mancano. «Abbiamo dato mandato a un gruppo di legali per opporci a qualsiasi determinazione negativa da parte del ministero dell’ambiente», aggiunge.

Botta non esita a vedere dietro la San Leon «un’operazione condotta a tavolino, in gran segreto, da una mini-società dietro alla quale vorremmo proprio sapere chi c’è». Molti, infatti, vedono dietro il leone il cane a sei zampe dell’Eni.

Va giù duro anche Vito Bono, sindaco di Sciacca, il quale pone l’accento sulle 36 istanze di esplorazione che stanno funestando l’isola. E anche lui vede dietro a tutto questo una strategia ben precisa: «Queste società fanno piovere decine di richieste di prospezione cercando di vedere chi se ne accorge e chi no. Fanno un’operazione a largo raggio, per capire se riescono a passare inosservate e poi magari, dopo aver ottenuto l’autorizzazione, la vendono a compagnie più grandi». Scenari da corsa all’oro nero senza troppi scrupoli. Infine Botta e Bono si scagliano contro i contenuti del piano della San Leon, accusandolo di errori grossolani.

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