Acqua bene comune: la vittoria dei si’ al referendum ha dato inizio alla vera lotta che i Cittadini dovranno condurre per ottenerlo.


Vendola smentisce il referendum: «niente tagli alle bollette dell’acqua». Stesse tariffe dei privati.

Scritto da Erica Balduzzi il 29 giugno 2011

La decisione del presidente della Regione Puglia pare di fatto annullare il risultato del referendum sulle tariffe

«I processi di privatizzazione hanno rappresentato una lievitazione delle tariffe senza giustificazioni. Il profitto su un diritto universale come quello all’acqua è uno scandalo, un delitto, un crimine». L’aveva proclamato solo due mesi fa il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, durante una conferenza stampa convocata all’Acquedotto Pugliese, entrando nel merito di uno dei quattro quesiti referendari del voto del 12 e 13 giugno scorsi, quello sulla privatizzazione dell’acqua. Eppure ora, a distanza di due mesi esatti da quelle dichiarazioni, il risultato positivo del referendum a Nichi Vendola pare non interessare più di tanto. «È indispensabile fare i conti con la realtà – ha detto infatti il presidente della Regione Puglia il 27 giugno, a margine dell’assemblea dell’Acquedotto Pugliese – per non precipitare nei burroni della demagogia: sull’Acquedotto Pugliese abbiamo deciso di intraprendere la strada dell’efficientamento e su quella proseguiremo. Per questo non abbasseremo le tariffe».

L’acqua pubblica, insomma, in Puglia si pagherà quanto quella privata: un annuncio lapidario che pare annullare di fatto il risultato ottenuto nel referendum del 12 e 13 luglio, quando i cittadini avevano votato per l’abrogazione della norma che consente al gestore, sia esso pubblico o privato, “di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio”. E se per tutta la campagna pre-referendaria gli italiani si erano abituati a vedere un Nichi Vendola combattivo che enumerava gli aumenti delle bollette e l’inefficienza della privatizzazione della rete idrica, certo è che nemmeno il pubblico, in Puglia, promette di essere tanto più economico. E infine, a pagare sono sempre i cittadini, in barba al referendum.

Un’affermazione, quella del presidente della Regione Puglia, che ha suscitato la risposta immediata da parte  del segretario nazionale dell’Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori (Aduc), Primo Mastrantoni, secondo il quale «Vendola prende in giro quanti hanno votato sì al referendum», mentre per Davide Boni – presidente leghista del consiglio della Regione Lombardia – l’atteggiamento di Vendola è disarmante e il presidente «come fosse un teleimbonitore dispensa in maniera superficiale delle perle di saggezza che poi neppure lui è in grado di mettere in pratica».

A spiegare i tecnicismi che stanno alla base della decisione di Nichi Vendola di non abbassare le tariffe dell’acqua del 7% è invece l’assessore alle opere pubbliche Fabiano Amati, che sottolinea come «in Puglia la remunerazione del capitale investito del 7% è un costo: quello che pagheremo ogni anno fino al 2018 sul bond in sterline pari al 6,92% contratto durante la gestione dell’era Fitto». Copertura di un debito precedentemente contratto e non utilizzabile per nuovi investimenti: il prezzo dell’acqua, infine, rimarrà identico a quello precedente al referendum. Eppure di queste questioni tecniche i cittadini pugliesi non erano stati informati prima del voto. Il motivo? «Nessuno me le ha chieste», ha tagliato corto Nichi Vendola.

Fonte: dirittodicritica.com

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