Mafia, procure dimenticate


Pm senza scorta e tribunali chiusi: a 20 anni dalla strage di Capaci, il taglio dei fondi rende più dura la lotta ai clan.

di Gabriella Colarusso

Salvatore Vella, sostituto procuratore di Agrigento

In Sicilia, la chiamano la strada della morte. Più di 300 chilometri di dossi in riva al mare, che collegano Trapani a Siracusa, attraverso cinque province della costa meridionale sicula. Un serpentone d’asfalto sul quale si registra uno dei tassi di incidenti stradali più alti della Regione e dell’Italia intera.

Su quella via, ogni giorno, Salvatore Vella percorre i chilometri che separano Sciacca, cittadina in cui vive, da Agrigento, dove è attualmente in servizio come sostituto procuratore, dopo aver lavorato anche a Marsala, in provincia di Palermo.

SCORTA RIDOTTA PER VELLA. Fino a qualche tempo fa, ad accompagnare il magistrato antimafia in tribunale, c’erano due carabinieri e un’auto blindata. Ora non più. A Vella è stata dimezzata la scorta. Motivo? Il grado di pericolosità a cui lo espone il suo lavoro sarebbe diminuito.
«La scorta gli è stata dimezzata senza neanche sentirlo», racconta Pino De Lucia, dell’associazione Sos Democrazia, che l’8 marzo scorso, insieme con altre organizzazioni del territorio che si battono per la difesa della legalità, ha deciso di dar vita a una scorta civica per garantire la sicurezza del pubblico ministero (pm), titolare di delicate inchieste sulla mafia.
«Vella è stato trasferito ad Agrigento, il che vuol dire che deve ogni giorno fare la Statale 115, senza auto blindata e con un solo carabiniere, in pratica un autista, per andare a lavoro. E si tratta di un magistrato che ha condotto inchieste delicate sui clan della Bassa Quisquina come Face Off e Scacco Matto».

SCIACCA SENZA TRIBUNALE. L’appello lanciato alle istituzioni dalle associazioni perché si «attivassero per risolvere la questione», è rimasto finora inascoltato. Non solo, racconta De Lucia: «La legge sul riordino delle procure, voluta dall’ex ministro della Giustizia Nitto Palma, ha stabilito che a inizio giugno venga chiuso il tribunale di Sciacca, una zona ad alta intensità mafiosa, che un’indagine del centro nazionale forense ha indicato come uno dei più virtuosi d’Italia, visto che per numero di casi chiusi in rapporto al numero di magistrati che vi operano è il terzo tribunale del Paese».

La procura di Sciacca costa 400 mila euro all’anno, spiega ancora De Lucia. «Quella di Termini Imerese, per fare un paragone con una procura di dimensioni simili, 1 milione e 400 mila euro all’anno. Perché chiudere Sciacca?». Sono piccole storie di un Paese in guerra, fatto di magistrati sconosciuti ai più e procure senza uomini e mezzi, che combattono quotidianamente la ferocia dei clan senza cedere alla tentazione del protagonismo da talk show.
Un’Italia che vale la pena ricordare, a 20 anni dalle stragi di Capaci, in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, per far sì che la liturgia della memoria non si risolva in vuota retorica, ma si trasformi in azione.

A Napoli, straordinari non pagati per gli autisti dei magistrati

Giovanni Conzo, sostituto procuratore della DDA di Napoli

Giovanni Conzo, sostituto procuratore della DDA di Napoli

Sciacca, Reggio Calabria, Napoli o Milano. La situazione non è molto diversa da una parte all’altra dello Stivale. I tagli alla Giustizia e alla Difesa hanno reso ancora più arduo il lavoro di magistrati e poliziotti contro la criminalità organizzata.

Alla fine di una imponente operazione di polizia che ha smantellato il clan Belforte, un mese fa, il sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Napoli, Giovanni Conzo, ha lanciato un vero e proprio grido d’allarme: «La lotta alle mafie è una priorità e servono più uomini, più mezzi e più soldi per continuare a garantire un livello di sicurezza accettabile».

VITE A RISCHIO. Con lui, il procuratore aggiunto Cafiero de Raho: «La Dda è costantemente impegnata nel contrasto alla camorra, ma per farlo abbiamo bisogno di tutela», ha spiegato, «le nostre vite sono a rischio e non possiamo affidarci alla buona volontà di chi è disposto a fare gli straordinari pur sapendo che poi non verrà pagato».
I tagli disposti negli ultimi anni al settore della Giustizia hanno ridotto il personale amministrativo. A Napoli, gli autisti che accompagnano i pm si rifiutano di fare gli straordinari perché non vengono pagati da mesi e ai magistrati della Dda non resta che smettere di lavorare entro le 18 o tornare a casa con i propri mezzi.

IMPOSSIBILI NUOVE ASSUNZIONI. «Le condizioni di lavoro non sono affatto delle migliori», spiega a Lettera43.it Giandomenico Lepore, magistrato per 50 anni, negli ultimi sette a capo della procura di Napoli, l’ufficio inquirente più grande di Italia, e oggi in pensione.
«I tagli dovuti alla crisi economica non sono avvenuti solo per la giustizia, per cui non abbiamo soldi per pagare gli straordinari o le fotocopie», spiega, «ma anche per le forze dell’ordine. Tagli notevoli che non permettono di fare nuove assunzioni di personale amministrativo o di pagare gli straordinari, per cui l’autista di un pm che deve essere protetto, una volta finito il suo orario di lavoro può anche rifiutarsi di continuare. Cosa che accade: non sempre, ma accade. Questo rischia di minare i grandi risultati che pure sono stati conseguiti nella lotta alla camorra».

In Lombardia, tagliati alla DIA 10 milioni di euro

Giandomenico Lepore, ex procuratore di Napoli (© La Presse)

Giandomenico Lepore, ex procuratore di Napoli (© La Presse)

Nello scorso febbraio, un funzionario della Direzione investigativa antimafia (DIA) di Milano, ha denunciato al Corriere della Sera le condizioni difficili in cui opera l’antimafia in un territorio in cui la ‘ndrangheta, come dimostrato dalle ultime inchieste giudiziarie, ha messo le radici ormai da anni: «Un disastro: lavoriamo senza soldi e senza apparecchiature», ha raccontato l’uomo, «non si può sconfiggere la ‘ndrangheta in Lombardia con questi mezzi. All’inizio c’erano 135 uomini, dopo 15 anni sono rimasti 82. Sono stati tagliati alla Dia 10 milioni di euro».

SOLO SEI UOMINI PER GLI APPALTI. In tutta la Lombardia ci sono solo 6 operatori che fanno il controllo delle gare d’appalto.

In una lettera indirizzata al presidente della Commissione antimafia, Giuseppe Pisanu, Enzo Marco Letizia, presidente dell’associazione nazionale funzionari di polizia, ha denunciato le gravi carenze di mezzi e personale con cui è costretta a fare i conti la Dia su tutto il territorio nazionale: «Esistono carenze di organico, come evidenziato in recenti audizioni presso questa commissione, nel corso delle quali si è fatto presente che la complessità dei compiti affidati alla Dia richiederebbe un organico di almeno 2500 persone», si legge nella missiva. «Attualmente, presso la struttura antimafia prestano servizio poco più di 1300 persone a livello nazionale».

«Bisogna rendersi conto che si può vincere la mafia», diceva Giovanni Falcone, «non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni».

Mercoledì, 23 Maggio 2012

Fonte: lettera43.it

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