Shale gas: terremoti più violenti dove si usa il fracking


Il fracking è da qualche anno uno degli argomenti più delicati quando si parla di biogas: i timori per i potenziali rischi geologici derivanti da questa pratica, ha fatto accantonare la tecnologia dello shale gas a molti governanti, in particolare in Europa. La fatturazione idraulica, infatti, è accusata di essere uno “stimolo” al terremoto, ma non solo: uno studio pubblicato su Science afferma che il fracking può anche rendere una zona più debole e quindi più soggetta a terremoti in futuro.

I ricercatori della Columbia University, infatti, hanno analizzato dei siti usati per il fracking, apparentemente non legati a terremoti avvenuti nelle “vicinanze”. Tra questi: pozzi di iniezione in Colorado e Texas, che sono stati considerati al di fuori della potenza distruttrice dei terremoti in Giappone (2011) e di Sumatra (2012) e un sito Oklahoma in cui un terremoto di medie dimensioni si è verificato esattamente un giorno dopo il grande terremoto del Cile, nel 2010. Le scoperte degli scienziati sono state pubblicate su Science:

Nel 2010 il terremoto cileno ha dato l’avvio a uno sciame sismico che si è spinto fino al confine fra Colorado e New Mexico: in particolare a Trinidad, vicino a pozzi dove le acque reflue erano state utilizzate per estrarre metano dal carbone, attraverso le iniezioni che si usano nel fracking. Lo sciame è stato seguito da un’altra scossa, più di un anno dopo, con una magnitudo 5,3 che ha danneggiato decine di edifici. Una costante serie di terremoti aveva già colpito Trinidad in passato, tra cui uno di magnitudo 4,6 nel 2001, sisma che l’US Geological Survey ha indagato per collegamenti a iniezione delle acque di scarico.

I piccoli terremoti possono portare all’unione delle scosse e quindi alla formazione di uno sciame sismico: le zone sottoposte a fatturazione idraulica sembrano essere più vulnerabili in questo senso:

Il nuovo studio ha anche riscontrato che il devastante terremoto di magnitudo 9.0 in Giappone, avvenuto l’11 marzo 2011, ha innescato uno sciame di terremoti nel Texas occidentale, in particolare dalla città di Snyder. La città, infatti, è stata sede di fatturazione idraulica per anni, al fine di per estrarre petrolio dai vicini campi Cogdell. Già nel 1989 il Bollettino della sismologico Society of America parlava di queste pratiche come causa dei terremoti. Circa sei mesi dopo il terremoto in Giappone, un altro terremoto di magnitudo 4.5 ha colpito Snyder.

Nella comunità scientifica, il pensiero che un terremoto ne possa causare altri altrove, è stata per anni un idea molto dibattuto. Ma il legame con le pratiche di fracking, secondo i ricercatori della Columbia, esiste in maniera evidente: ora che lo studio lo ha dimostrato, suggeriscono, il vero nodo darà capire quanto e come queste pratiche possano influenzare l’andamento delle scosse sismiche.

Fonte: greenstyle.it

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