#GirgentiAcque, l’affaire de l’eau tra parentopoli e caro bollette


Nella terra di Pirandello, l’acqua si paga in tre tariffe differenti: in 22 dei 27 comuni che hanno rispettato la legge, consegnando le reti idriche all’ATO idrico, i cittadini pagano le bollette a tariffa piena, le più care d’Italia. Nei cinque restanti pagano a forfait.

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di Maurizio Zoppi, 22 ottobre 2014

Nella terra di Pirandello l’acqua si paga in tre tariffe differenti: in 22 dei 27 comuni che hanno rispettato la legge, consegnando le reti idriche all’Ato idrico, i cittadini pagano le bollette a tariffa piena, le più care d’Italia, nei cinque restanti pagano a forfait. Sempre di più, comunque, degli oltre venti comuni che si sono rifiutati di consegnare le proprie reti e che oggi sono in grado di imporre tariffe più ragionevoli.

Misteri di Girgenti Acque, dove tra gli assunti c’è il figlio del Presidente dell’Ato Idrico, D’Orsi, e ci sono, come denuncia l’ex sindaco di Racalmuto Salvatore Petrotto, i figli di poliziotti della Questura di Agrigento e di funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Canicattì, ”enti ed Organismi dello Stato che stavano e stanno effettuando accurati controlli penali e fiscali nei confronti di Girgenti Acque”.

Ma non è solo la Parentopoli, purtroppo comune nelle società del sotto-governo siciliano, ad avere indotto Carmelo Salamone, socio di minoranza della società, ad abbandonare la carica di amministratore delegato denunciando gli acquisti, nel 2013, ”di circa 90.000 contatori direttamente da società correlata senza ricorrere ad alcuna procedura che potesse garantire l’economicità della procedura”. Nel mirino delle denunce di Salamone, proprietario del 5 per cento di Girgenti Acquecon la sua Civiesse c’è Marco Campione, ex socio di Filippo Salamone, l’uomo del ”tavolino” degli appalti governati da Cosa Nostra, poi diventato testimone d’accusa dell’ex socio in un’inchiesta per riciclaggio e oggi uomo di punta della gestione dell’acqua nel territorio dei Templi con un’imbarazzante condanna e una prescrizione per l’uso del cemento depotenziato nell’ospedale San Giovanni di Dio (la procura aveva chiesto 4 anni).

Mentre sul tavolo europeo sono in gioco più di 5 miliardi di euro da amministrare in trenta anni (2003-2032), con interventi a fondo perduto di Bruxelles per più di un miliardo,  nell’agrigentinoGirgenti Acque è accusata da sindaci e dal socio di minoranza di gestire l’acqua pubblica  con i metodi della vecchia politica scaricando i costi abnormi sulle bollette pagate dai cittadini, le più care d’Italia.

“Ho deciso di lasciare perché non condivido i metodi di gestione della società. Non li ritengo conformi al mio modo di fare impresa – dice Salamone – sono titolare di azioni pari al 4,03% del capitale sociale e da due anni voto contro l’approvazione del bilancio di Girgenti Acque. Quest’anno il bilancio è stato approvato con il 51% dei voti, pari alla quota azionaria di Marco Campione”.

Se ”l’affaire de l’eau” in Sicilia parla il francese con la multinazionale transalpina Veolia, socia di maggioranza di Sicilacque spa, che, dopo la liquidazione dell’Eas, ha ereditato la gestione di quasi tutti gli acquedotti, invasi artificiali, migliaia di chilometri di condotte idriche e le società affilano le armi per aggiudicarsi il servizio e accedere ai finanziamenti pubblici (investendo il 30 per cento di risorse proprie), nel caos in cui sono sprofondati gli Ato idrici in Sicilia, la storia di Girgenti Acque è emblematica.

La società, che gestisce i servizi idrici nei 43 Comuni della provincia di Agrigento, compresa la città dei Templi nasce a Catania nel 2007 fondata dall’omologa catanese Acoset (il cui consigliere di amministrazione dal 2004 al 2006 era Angelo Lombardo, fratello di Raffaele, a giudizio per concorso in associazione mafiosa). Della società fanno parte anche Agrigento e tutti i comuni del consorzio del Voltano, componenti, a loro volta, dell’Ato idrico di Agrigento. Sono, cioè, nello stesso tempo, enti aggiudicanti ed enti aggiudicatari, ma il conflitto di interesse viene superato grazie ad un parere espresso dall’avvocato Gaetano Armao, ex assessore regionale all’Economia del governo proprio di Lombardo, che offre il via libera al contratto trentennale firmato dall’allora presidente della Provincia di Agrigento, e presidente dell’Ato idrico, Vincenzo Fontana, ex parlamentare nazionale del Pdl, e Giuseppe Giuffrida, ex amministratore delegato di Girgenti Acque.

La gestione va avanti tra mille polemiche, contestata da oltre venti sindaci dell’agrigentino che ingaggiano con l’ente una battaglia legale finora persa. All’inizio di agosto sono arrivati ad incatenarsi ai cancelli di Palazzo d’Orleans chiedendo l’intervento di Rosario Crocetta: “Sono venuti meno i criteri di economicità che ispiravano l’Ato idrico e questo il presidente della Regione deve capirlo – sostiene il sindaco di Casteltermini, Nuccio Sapiala Regione deve prendere atto che ha creato questo ‘mostro’ e deve trovare una soluzione. I cittadini non ce la fanno più a pagare un servizio che oggi costa per il 25 percento in più rispetto al passato”. Si stima che verranno spesi in provincia di Agrigento per tutta la durata della gestione idrica, circa 93 milioni di euro, in Sicilia la guerra dell’acqua è appena cominciata.

Fonte: loraquotidiano.it

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