Perforazioni petrolifere, così bisogna combattere le potenti compagnie


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Il Canale di Sicilia è un’area del Mediterraneo unica, un mare che è stato culla della civiltà, un mare che nasconde tesori archeologici di tutte le epoche, un mare che rappresenta un paradiso di biologia marina, dove per biologia intendiamo non solo flora e fauna (alghe, pesci, cetacei, crostacei, coralli, gorgonie), ma anche un ambiente sottomarino mozzafiato, un mare unico anche per i fenomeni geologici che lo interessano, fenomeni attivi che lo rendono vivo.

Il tesoro è il petrolio, il benedetto/maledetto oro nero: mentre l’orientamento mondiale, sull’approvvigionamento energetico, è volto alla ricerca di fonti alternative, nel nostro mare continua ad essere ricercato per essere estratto, con conseguenze che potrebbero essere devastanti.

In seguito al decreto “Sblocca Italia” e quell’articolo 38 che esautora le regioni, in materia di ricerca petrolifera, la Sicilia è in fermento, tutte le forze politiche, assieme alle associazioni ambientalistiche, si ritrovano unite alla popolazione nel dire NO al governo centrale che vuole fare della Sicilia il Texas d’Italia.

Mimmo Macaluso

Mimmo Macaluso

Un’arma, una contromisura, possiamo utilizzarla: bisogna dimostrare che le analisi di impatto ambientale che le società petrolifere producono per avere le concessioni, sono dolosamente inattendibili, imprecise. È paradossale che gli studi sugli effetti ambientali dell’estrazione del petrolio o del gas, sia a cura dello stesso richiedente, che pur di ottenere le concessioni, esibisce relazioni geologiche, biologiche e antropologiche, palesemente di parte o come è successo per la San Leon Energy, relazioni preparate facendo copia e incolla con analisi effettuate in altri mari! Lo studio sulle aree oggetto della prospezione, deve essere approntato dal ministero dell’Ambiente ed a spese delle società richiedenti!

Il dr. Emanuele Lodolo, uno dei più valenti oceanografi europei, si è reso disponibile, per conto dell’Istituto di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste ad effettuare tale studio, anche perché già in possesso di cartografia batimetrica multibeam di vaste aree del canale di Sicilia. Queste nuove regole, devono essere imposte dalla politica.

Oggi vige un decreto che consente a multinazionali del petrolio, come la Schlumberger, di affermare nello suo studio di impatto ambientale, presentato anche al Comune di Ribera, che il canale di Sicilia è a basso rischio sismico. Ed invece, proprio l’area oggetto dalla ricerca dei petrolieri tedeschi, è una di quelle geologicamente più instabili del Mediterraneo, essendo interessata da faglie in movimento e da vulcanesimo attivo, fenomeni che si manifestano con frequenti terremoti e di qualcosa di più inquietante, lo stesso pseudo-vulcanesimo sedimentario che ha causato il 27 settembre scorso, la tragedia di Aragona per l’esplosione di un vulcano di fango.

Nel motivare le osservazioni e le conseguenti opposizioni al progetto della Schlumberger, i Comuni, la Regione, ma anche la Commissione Ambiente del Senato (e le opposizioni, nel corso di interrogazioni parlamentari), devono produrre questa nuova documentazione scientifica, assieme agli studi internazionali dove viene affermato, alla stregua di una linea guida, che i pockmarks, cioè i crateri da esplosione di vulcani fango (come quelli individuati nel ma di Gela, nel mare di Sciacca e tra Pantelleria e le coste siciliane), rappresentano un geological hazard e la loro presenza controindica il posizionamento di strutture offshore, cioè piattaforme oleodotti.

Bisogna contrapporre alla suadente analisi dei petrolieri tedeschi, quello straordinario lavoro effettuato dall’INGV di Catania, dove si evidenzia la deformazione della superficie di Pantelleria, determinata da una camera magmatica, che si sta espandendo sotto l’isola e che potrebbe determinare una nuova eruzione.

Infine, le commissioni ministeriali, devono chiamare in audizione gli autori di queste pubblicazioni: alla luce di ciò che è successo alle Maccalube di Aragona e nel golfo del Messico, questi scienziati non esiteranno ad affermare che non c’è compatibilità tra presenza di vulcanesimo ed attività di coltivazione di idrocarburi.

Può sembrare ingenuo far conoscere al nemico la propria strategia prima del battaglia, come stiamo facendo, ma non è così: i nostri avversari, così economicamente dotati, devono rendersi conto che a fronteggiarli c’è l’orgoglioso popolo siciliano, che mai, come in questo caso, è compatto; un popolo che è determinato come mai, a proteggere la culla della propria civiltà: il Mare Nostrum.

Mimmo Macaluso

Fonte: corrieredisciacca.it

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