Sarà lotta dura e lunga


Sarà lotta dura. Sarà lotta dura e lunga. Perché, così come non possiamo fare a meno dell’aria che respiriamo, non possiamo fare a meno dell’acqua di cui siamo in prevalenza costituiti e tramite la quale viviamo. Perché gli interessi economici di pochi uomini egoisti ed avidi di denaro, anche se potenti, non potranno mai sopraffare il diritto vitale inalienabile dell’accesso all’acqua dell’intera collettività umana. Perché non si può pensare di realizzare impunemente guadagni elevati sulle necessità fisiologiche degli esseri umani.

Tutto ha avuto inizio con la Dichiarazione di Dublino del 1992: “L’acqua ha un valore economico in rapporto ai suoi diversi usi e deve, dunque, essere riconosciuta come un bene economico. Da quel momento in poi il valore dell’acqua guida le scelte strategiche fondamentali per affrontare i grandi problemi relativi alle risorse idriche.

Ma è nel 1997, durante il primo Forum del Consiglio Mondiale dell’Acqua, che il problema della sete nel mondo, e quindi del corretto sfruttamento delle risorse idriche, assume una rilevanza tutta economica: è sancito il riconoscimento del bisogno d’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici. Si passa in modo sottile, quasi trasparente, dal diritto al bisogno che pertanto implica prima una richiesta e poi un costo. Si intuisce come, visto il numero di clienti, il mercato dell’acqua faccia gola a molti, dalle banche alle multinazionali, che possono vedere crescere i loro profitti a dismisura in un settore fondamentalmente privo di rischi. Altrettanto chiaramente si comprende come, in questi ultimi anni, in ciascuna nazione del mondo, le scelte politiche di base in un settore che coinvolge interessi economici così forti siano purtroppo state influenzate da uomini ed organizzazioni molto potenti.

Da quando è partita la corsa all’oro blu ad oggi una certezza è emersa: affidare la gestione dell’acqua ai privati non ha comportato in nessun posto del mondo né una maggiore efficienza né un abbassamento dei costi per gli utenti, al contrario ovunque si è osservato un notevole aumento per le tasche dei cittadini, un peggioramento della qualità del servizio ed una sostanziale riduzione della quantità di acqua a disposizione, tutti effetti che portano ad una maggiore remunerazione del capitale investito da parte delle società private. Sotto queste condizioni, dopo dure e violente proteste e non senza grosse difficoltà anche legali, in tante parti del mondo si è preferito ritornare ad una gestione pubblica delle risorse idriche.

In Italia, il 5 agosto 2008, il Parlamento ha votato l’articolo 23 bis del decreto legge numero 112 del ministro Tremonti, decreto che nel comma 1 afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell’economia capitalistica. Pertanto l’Italia è oggi tra i paesi per i quali l’acqua è una merce. Tutto questo con l’appoggio dell’opposizione.

In Sicilia l’acqua è passata in mano ai privati nel luglio del 2004, quando Siciliacque SpA, società mista classificata come “impresa pubblica” costituita per il 75% da soci industriali, leader nel campo dei servizi per l’acqua (come la francese Veolia Water), e per il 25% dalla Regione Siciliana, subentra all’Ente Acquedotti Siciliani (EAS), fino al 2044, come concessionaria del servizio di captazione, accumulo, potabilizzazione e adduzione a scala sovrambito.

In provincia di Agrigento la gestione dell’acqua è passata ai privati nel gennaio 2007. La Girgenti Acque, associazione temporanea di imprese, in una situazione non molto chiara, tra mille polemiche e proteste si è aggiudicata la gestione del servizio idrico integrato per i prossimi 30 anni.

A Sciacca la gestione della rete idrica a Girgenti Acque è stata affidata il 28 Maggio 2008.

In questi ultimi mesi abbiamo potuto constatare direttamente tutti quanti quali sono gli effetti negativi già osservati in altre parti del mondo della privatizzazione dell’acqua sia nella nostra città che nell’intera provincia.

I notiziari locali di Sciacca ogni giorno sono pieni zeppi di segnalazioni relative a perdite idriche che o sono riparate con ritardo o non sono riparate affatto. E’ già stata denunciata l’assenza di uno sportello cittadino del nuovo ente gestore cui potersi rivolgere, così come è stata denunciata l’impossibilità di redigere contratti per le nuove utenze o di effettuare volture. E’ stata più volte segnalata l’assenza di recapiti o contatti del nuovo ente gestore che laconicamente, a mezzo stampa, ha fornito un numero di telefono.

Innumerevoli sono poi le proteste in tutta la provincia di Agrigento che, come non succedeva da almeno un decennio, sta vivendo una profonda crisi idrica che complica ulteriormente la condizione di un già gravemente compromesso sviluppo civile ed economico.

Ci conforta, negli ultimi tempi, registrare un diverso atteggiamento da parte di tanti sindaci e amministratori della nostra provincia che, sino a ieri accaniti sostenitori della privatizzazione dell’acqua, sono oggi meno certi dei loro convincimenti a tal punto che alcuni tra loro chiedono la cancellazione del contratto con la Girgenti Acque. D’altro canto solo gli stolti non cambiano opinione.

Ribadiamo che sarà una lotta dura e lunga perché, come ben si capisce, le direttive vengono dall’alto e tengono conto di interessi economici molto forti. Ma l’acqua è un bene troppo prezioso per gli esseri umani, deve avere certamente un costo per non essere sciupata, ma deve essere accessibile a tutti. L’acqua è un diritto inalienabile, è la vita stessa e per la vita tutti siamo disposti a combattere.

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